Mosca, anche Giorgetti gela Salvini: "Prudenza"

L’annuncio, poi ritrattato, di un viaggio del leader del Carroccio in Russia riapre il fronte interno. Il ministro: "Si coordini col governo"

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Ci mancava solo Giorgetti con quel suo liquidatorio "proposte suggestive". L’ormai abortito viaggio di Salvini in Russia ha compiuto un miracolo, ma all’incontrario: saldare gli avversari esterni al leader leghista a quelli interni. Dei primi si sa. Nel governo – dal premier fino ai suoi principali ministri (Di Maio, Guerini, etc.) – lo "sconcerto", il "fastidio" e "l’irritazione" l’hanno fatta da padrone. Il Pd ci ha messo il carico da undici: "Salvini chiarisca al presidente del Consiglio, al Parlamento e agli italiani la natura della propria iniziativa" è ora la richiesta cui Salvini replica a brutto muso: "Fate polemiche anche sulla guerra". Il neo-eletto presidente della Cei, Zuppi, ha parlato di iniziative "rischiose e retoriche".

Pure tra i (presunti) alleati è andata malissimo. Meloni ha impartito a Salvini una lezione di geopolitica ("Non si possono aprire crepe nell’Occidente"), Antonio Tajani è stato lapidario come il peggiore dei nemici ("Salvini in Russia? E a fare cosa?"). In compenso, dentro la Lega, per giorni si era taciuto. Non una parola, solo occhi al cielo e braccia allargate. Ma il dissenso montava di giorno in giorno che l’iniziativa diplomatica di Salvini si mostrava per quello che era: un guscio vuoto. Il silenzio è finito ieri.

Il potente ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, non nuovo a contrasti a brutto muso con Salvini su tanti punti ha parlato, non certo per difenderlo. Giorgetti bolla così il presunto viaggio: "proposte suggestive" e già suona come un triste epitaffio. Poi specifica: "Bisogna muoversi di concerto con il governo (cosa che Salvini non ha fatto, ndr). Sono questioni di portata mondiale, quindi ciascuno deve dare il suo contributo ma all’interno di percorsi che sono molto molto complicati". Insomma, come se avesse detto: la politica estera la fa il governo, da Draghi a Di Maio, da Mattarella a Guerini, dentro scenari politici e contesti internazionali difficili e complessi, occupati del partito e evita altre gaffe.

Salvini, che doveva partire ieri, è rimasto a Roma. La ‘missione di pace’ aleggia ancora, tra i suoi, ma è stata ‘congelata’, per usare un eufemismo. Lo stato maggiore del partito è in imbarazzo. Anche perché i nuovi ‘consiglieri’ – diplomatici e politici – di cui si circonda il Capitano non li conosce proprio nessuno. I loro nomi sono venuti fuori in questi giorni, a partire dal misterioso ex parlamentare azzurro Antonio Capuano. Fino alle interviste di questi per spiegare la ratio del viaggio salviniano nessuno sapeva chi fossero. Neppure il vicesegretario della Lega, Lorenzo Fontana, responsabile Esteri, salviniano di ferro.

Un ‘super-consulente’, Capuano, privo di incarichi formali nel partito, cui sarebbe stato affidato il compito di scrivere il "piano di pace" che Salvini voleva sottoporre a Mosca. Anche i governatori del Nord sono furibondi. Per ora, hanno preferito che tutta la loro indignazione passasse per la voce di Giorgetti, ma sembra siano pronti a uscire a loro volto. Il Capo non andrà a Mosca e, nel partito, è sempre più solo.

Ettore Maria Colombo