Mercoledì 24 Aprile 2024

Morti tre fratelli Casa divorata dal fuoco Quella famiglia distrutta nella terra di nessuno

Le vittime avevano 22, 16 e 12 anni. Gravi i genitori e altri due figli. L’alloggio popolare dove vivevano era stato occupato da degli abusivi

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di Nino Femiani

"Una tragedia del genere non so se fosse annunciata, ma di sicuro poteva capitare ed è capitata". A dirlo mentre, pietosi, i vigili del fuoco coprono con un paravento scuro i corpi anneriti dei tre fratelli Corasaniti, è Pietro Romeo, presidente dell’associazione di volontariato "Un raggio di sole" che si occupa di assistenza agli indigenti nella zona sud di Catanzaro. Tre fratelli morti, altri due ricoverati come i loro genitori in gravi condizioni, ma questo, nel quartiere dormitorio di via Caduti XVI marzo 1978, non è solo un bilancio macabro, una conta delle vittime. Dentro questo ammasso di cemento grigio, circondato dalle piazze di spaccio, si vive annegati nel disagio e nell’indifferenza. Famiglie povere, che finiscono per sbattere contro il muro di gomma delle istituzioni e l’indifferenza della burocrazia. I tre giovani morti si chiamavano Saverio, 22 anni, Aldo, 16, e Mattia, 12, carbonizzati e asfissiati da un incendio al quinto piano di una palazzina di Aterp Calabria, l’ente che gestisce gli alloggi di edilizia popolare.

Il padre delle vittime, Vitaliano Corasaniti, 42 anni, è intubato all’ospedale di Catanzaro, la moglie Rita Mazzei, 41, lotta tra la vita e la morte nel Centro grandi ustionati di Bari, i due figli superstiti, Zaira Maria, 12 anni, e Antonello, 14 anni, sono anch’essi ricoverati. Prima di spiegare la dinamica di un incendio, sprigionatosi all’una dell’altra notte, bisogna soffermarsi sulle condizioni di vita di questa famiglia giovanissima – i genitori si erano sposati a venti anni – che era sprofondata dentro un’umiliante palude di povertà. L’unico a lavorare, come venditore ambulante, era Vitaliano che doveva accudire anche il figlio maggiore, Saverio, a cui era stato diagnosticato l’autismo. Un nucleo a cui non venivano risparmiate le trappole della vita. Come nel 2016 quando i Corasaniti dovettero lasciare l’appartamento popolare in cui vivevano – non molto lontano da quello in cui si è consumata la tragedia – perché, dopo minacce e furti, si erano ritrovati la casa occupata abusivamente al rientro da una giornata al mare.

Una vita aspra che Rita affrontava con il sorriso sulle labbra, anche se nel quartiere, come in questi giorni, mancava l’acqua da 72 ore. Vitaliano, da parte sua, si batteva come un leone per il figlio autistico. Quando finivano gli aiuti dei servizi sociali andava lì a farsi sentire, anche se spesso lo rimbalzavano sulle associazioni di volontariato. Ora ci si interroga sulla dinamica. Non c’è stata nessuna esplosione causata da una fuga di gas e prende corpo il sospetto che il fuoco possa essere stato appiccato dall’interno. Incidente o dolo? La procura di Catanzaro ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e disastro colposo. A dare l’allarme, sono stati i vicini di casa che hanno visto l’appartamento in fiamme e la madre chiedere aiuto dal balcone. Due dei ragazzi morti sono stati trovati a poca distanza dal balcone, con ogni probabilità avevano tentato di raggiungerlo ma sono stati inghiottiti dal fumo e poi dalle fiamme. Il terzo fratello è stato trovato senza vita nel bagno. Fino a quando non saranno effettuati i campionamenti, i vigili non avanzano ipotesi sulle cause. Attonita la città, il sindaco Nicola Fiorita commenta: "Una immane tragedia, ho provato un brivido e un moto di indignazione per le condizioni dei nostri quartieri della zona sud. Credo che quanto successo debba fare riflettere tutti".