Morti sospette in corsia: assolta Annullato l’ergastolo all’infermiera

Ribaltato in Appello il verdetto di primo grado nei confronti di Fausta Bonino, accusata di omicidio plurimo

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di Luca Filippi

PIOMBINO (Livorno)

Fausta Bonino non ha ucciso nessuno. Non è l’"infermiera killer" che in primo grado era stata condannata all’ergastolo per le morti dei pazienti in ospedale da ’overdose’ di eparina, un farmaco anticoagulante che in dosi massicce può provocare emorragie interne letali. La corte d’assise d’appello di Firenze ieri ha ribaltato la sentenza del tribunale di Livorno: Fausta Bonino è stata assolta dall’accusa di omicidio plurimo volontario perchè "il fatto non sussiste". Accolta in pieno la tesi dell’avvocato difensore Vinicio Nardo del foro di Milano. Uno dei punti cardine dell’accusa era la presenza dell’infermiera Fausta Bonino in occasione delle morti sospette che si erano succedute dal 2014 al 2015 all’ospedale Villamarina di Piombino. Ma come ha dimostrato la difesa l’accesso al reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino non era controllato.

I testimoni, in aula in Corte d’Appello a Firenze, hanno spiegato che dei due ingressi al reparto solo uno era sottoposto all’apertura tramite badge, l’altra porta era accessibile liberamente. In più c’era anche una porta di servizio, anche questa senza controllo. "Viene a cadere – spiega l’avvocato Vinicio Nardo – la cosiddetta ’costante Bonino’, vale a dire che non è dimostrabile il fatto che in occasione delle morti dei pazienti contestate dall’accusa, ci fosse sempre e solo Fausta Bonino nel reparto. I testimoni hanno chiarito che anche altre persone potevano avere accesso al reparto". L’avvocato Vinicio Nardo ha citato quattro testimoni che appartengono al personale sanitario, la caposala Agostini, e poi Filippi, Lunghini e Cordoni. In primo grado l’infermiera, era stata condannata in abbreviato all’ergastolo, per quattro dei dieci decessi sospetti. Lo scorso giugno, nella sua requisitoria il pg Fabio Origlio, aveva chiesto l’ergastolo per nove dei dieci casi. La Bonino si era sempre proclamata innocente affermando di non aver inoculato ai pazienti dosi di eparina in eccesso.

Ieri alla lettura del dispositivo Fausta Bonino inizialmente non ha capito bene che cosa stava accadendo, poi è scoppiata in lacrime, un pianto liberatorio. "Ancora non ci credo". ha detto commentando la decisione della corte. La donna, accompagnata dai familiari nel palazzo di giustizia fiorentino ha aggiunto: "Non potevano accusarmi per delle menzogne dette da qualcuno, non c’era altro".

"Credo che si sia fatta giustizia dopo anni passati nel frullatore da parte della mia assistita – ha spiegato l’avvocato Vinicio Nardo – la sentenza di primo grado oggettivamente non reggeva. Credo però che la corte di Firenze abbia dimostrato una grande professionalità nel compiere tutti gli accertamenti necessari con attenzione e senza nessun tipo di pregiudizio". L’avvocato Nardo sulla possibilità che la procura livornese ricorra in Cassazione ha detto che bisognerà attendere le motivazioni della sentenza attese entro 90 giorni. "Immagino che se le motivazioni saranno di un certo tipo non ci sarà molto spazio per un ricorso, ma naturalmente valuteremo a tempo debito". E sulla condanna (pena sospesa) per ricettazione di farmaci Nardo aggiunge: "È un episodio marginale – spiega l’avvocato – che non ha niente a che fare con le accuse di omicidio. E comunque valuteremo se fare ricorso". E ora resta solo un interrogativo. Pesante per tutti i familiari delle persone decedute. Si trattava di morti inevitabili dovute alle gravi condizioni dei pazienti oppure c’è veramente un killer a piede libero che potrebbe colpire ancora?