Ancona, morti in discoteca. La prof abbraccia lo studente eroe. "Ha salvato mia figlia"

Commozione a scuola. Il ringraziamento dell'insegnante davanti a 500 ragazzi. "E' il nostro angelo custode"

Il commovente abbraccio tra la mamma prof e il ragazzo di 15 anni. L’incontro è avvenuto a

Il commovente abbraccio tra la mamma prof e il ragazzo di 15 anni. L’incontro è avvenuto a

Senigallia, 11 dicembre 2018 - Ieri i ragazzi di Senigallia hanno affrontato il ritorno a scuola dopo la strage. Sono i feriti leggeri, gli scampati, ma anche quelli che non c’erano e hanno perso un amico. Per tutti un peso troppo grande nel cuore. Anna Maria Nicolosi, preside dell’istituto Padovano della cittadina, ha pensato che prima di tornare in classe bisognava fermarsi e parlare. E per farlo ha chiamato Luca Pagliari, autore televisivo, giornalista, documentarista che da anni indaga il mondo dei giovanissimi e gira l’Italia nelle campagne del ministero. Nell’incontro si è vissuto un momento di grandissima commozione. Una professoressa in lacrime ha ringraziato uno degli studenti, un 15enne che ha salvato la vita a sua figlia, portandola via da quella calca di morte. Pagliari ha proposto ai ragazzi: scrivete i vostri pensieri. Da leggere ad alta voce, magari, la prossima volta. Intanto, ecco il racconto del giornalista.

 

"Il microfono scivola tra le mani della professoressa Silvia Di Nicolantonio, ha l’aria dolce Silvia e quando inizia a parlare succede quello che deve succedere. Piange Silvia, piange e racconta che sua figlia Sara, 15 anni e secondo anno di liceo scientifico, l’altra sera era a ‘La Lanterna Azzurra’.

Sara era scivolata nell’inferno, sepolta tra quei corpi ammassati uno sull’altro, quando delle mani l’hanno tirata fuori. Quell’angelo custode l’ha salvata. Sotto la morte e sopra la vita, nessun compromesso. E piange ancora di più Silvia, quando dice che quell’angelo si chiama Filippo ed è tra i 500 ragazzi che la stanno ascoltando. Adesso possiamo finalmente piangere tutti ed è un qualcosa di liberatorio, un’esplosione di emozione collettiva che sembra non finire mai. C’è poi il loro abbraccio. Lungo, intimo, silenzioso. La nostra speranza riparte da lì. 

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È il culmine di una giornata particolare, a Senigallia. Il ritorno degli studenti sui banchi dopo la tragedia di venerdì, a Corinaldo. Una giornata cominciata alle 9,30 di lunedì. Il piazzale antistante l’istituto superiore Padovano di Senigallia si riempie lentamente di ragazzi, alcuni zoppicano perché non è stato semplice uscire indenni da quell’inferno. Restiamo all’aperto perché l’aula magna non era sufficientemente capiente, ma Anna Maria Nicolosi, la preside, vuole che siano tutti presenti.

Ha ragione. Ora il piazzale è stracolmo. Sono tutti immobili in attesa di un qualcosa anche se nessuno, compreso me, ha idea di cosa significhi ‘qualcosa’ in una giornata del genere. La preside mi passa il microfono, mi trovo lì perché la professoressa Patrizia Marasco, a nome dell’istituto, mi aveva chiesto di intervenire, di trovare parole sensate per affrontare questo lunedì surreale. Cosa racconto a 500 studenti colpiti a tradimento dalla vita? Come spezzo questo silenzio terribile? Che argomenti posso utilizzare per creare un filo tra loro e la vita che comunque va avanti?

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Asia Nasoni
Asia Nasoni

Le parole non restituiscono vite, le parole del ‘dopo’ mi ricordano i fiori appassiti. In prima fila ci sono delle ragazzine che piangono composte, poi scopro che anche nella seconda fila c’è chi sta piangendo, allungo lo sguardo e vedo che lacrime e occhi gonfi sono il comune denominatore di questa platea muta. Se già riuscissi a non piangere sarebbe un buon risultato, questo è l’ultimo pensiero che mi attraversa la mente, prima di aprire bocca. Nella mezz’ora seguente dico molte cose a queste creature fragili e speciali. Spiego che quanto è accaduto è per colpa mia perché conoscevo quel luogo, mia figlia troppe volte mi aveva parlato del sovraffollamento e di quanto fosse difficile persino ballare.

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Colpa mia, perché non ho denunciato la cosa, affidandomi alla penosa teoria dello sguardo basso. Colpa mia se non sono mai riuscito a evitare che Marta frequentasse un posto del genere, rimanendo travolto da quel famoso ‘ci vanno tutti’. E allora, se cambiamento deve essere, voglio fare in modo che parta da me.

Esorto i ragazzi a non prendere in considerazione chi si rivolge a loro utilizzando come incipit ‘ai miei tempi era tutto diverso’. ‘Ai miei tempi’ è la negazione del presente. È adesso che dobbiamo capire come contrastare il sexting o il cyberbullismo, è adesso che dobbiamo capire come far comprendere ai ragazzi che le droghe sintetiche sono più maledette dell’inferno. È adesso che dobbiamo convertire questa tragedia immane in un processo di crescita". 

di Luca Pagliari, autore televisivo