Morte di Luana, indagine sull’orditoio Impianto di sicurezza nel mirino

Un macchinario della fabbrica simile a quello che ha ucciso la 22enne risulterebbe manipolato. La famiglia: "Ipotesi folle". Nel mirino anche il contratto da apprendista: non doveva essere lasciata sola

Luana D’Orazio, l’operaia 22enne morta in un incidente sul lavoro a Montemurlo (Prato)

Luana D’Orazio, l’operaia 22enne morta in un incidente sul lavoro a Montemurlo (Prato)

Il macchinario (quasi) gemello a quello che ha ucciso Luana sarebbe stato manomesso. I sistemi di sicurezza alterati rispetto alla funzione di ‘safety’ che avrebbero dovuto garantire. Un’ipotesi investigativa da corroborare (o smentire, se si trattasse di un guasto) dai risultati della perizia ordinata dalla procura di Prato, iniziata mercoledì nella fabbrica di Oste di Montemurlo e che riprenderà tra giorni. Un’ipotesi, ma di quelle che fanno tremare. E così sale la tensione sull’inchiesta che dovrà accertare come e perché il 3 maggio Luana D’Orazio, operaia di 22 anni, mamma di un bambino di 5, è stata agganciata e risucchiata negli ingranaggi di un orditoio mentre lavorava in una fabbrica tessile. La ragazza di Agliana (Pistoia), che sognava un futuro nel cinema, è stata uccisa in un istante. Ieri il consulente legale della famiglia, Andrea Rubini, ha affermato che "parlare di manomissione della macchina gemella è follia. Ci siamo confrontati con la procura, ci hanno detto che non gli risulta".

Il punto cruciale delle indagini rimane il sistema di sicurezza del secondo orditoio messo sotto sequestro nello stabilimento, simile ma non identico a quello che ha ucciso Luana D’Orazio. Mercoledì per 4 ore i periti hanno avviato gli accertamenti in fabbrica. Il macchinario assassino, parzialmente smontato dai vigili del fuoco per estrarre il cadavere, non è stato messo in funzione per salvaguardare indizi decisivi. È stato invece acceso il secondo macchinario, e qui si spalanca il mistero. Durante la prova, la saracinesca di protezione è rimasta sempre alzata in tutte le fasi della lavorazione. Di regola, l’operaio assegnato al macchinario si avvicina per sistemare i fili, ma quando parte la produzione deve allontanarsi. E la saracinesca abbassata serve a mantenere la distanza di sicurezza lavoratore-macchina.

Perché il cancello del secondo orditoio è rimasto alzato? Cosa ha impedito alla fotocellula di comandare il sistema di salvaguardia? Non solo: se la grata è alzata, l’orditoio non dovrebbe attivarsi. Diventa quindi decisivo ai fini dell’inchiesta della procura poter mettere in azione la prima macchina, che con i suoi cilindri da 400 chili ha strappato alla vita una ragazza bella e solare. Ma bisognerà attendere qualche giorno.

Il tempo necessario ai periti nominati dalla magistratura, dalla famiglia e dagli indagati – per la titolare della fabbrica Luana Coppini e Mario Cusimano, manutentore esterno all’azienda, le ipotesi di reato sono omicidio colposo e rimozione e omissione dolosa delle cautele antinfortunistiche – di acquisire le schede tecniche e una sorta di ‘scatola nera’ degli orditoi costruiti dalla tedesca Karl Mayer. Intanto si indaga sul contratto di Luana, apprendista da mille euro al mese che secondo alcune fonti nella ditta avrebbe avuto funzioni di catalogazione e non specificatamente operative. Come apprendista, in ogni caso, avrebbe dovuto avere al fianco un tutor che le insegnasse segreti e pericoli dei macchinari.

Simone Boldi