Mercoledì 24 Aprile 2024

Morta di leucemia, rifiutò la chemio. L’oncologo: non fate questo errore

La tragedia di Eleonora, 18 anni. "Le cure ne salvano 4 su 5"

Eleonora Bottaro, morta di Leucemia a 18 anni

Eleonora Bottaro, morta di Leucemia a 18 anni

Roma, 2 settembre 2016 - Fa discutere la tragica fine della ragazza di Padova, Eleonora Bottaro, stroncata dalla leucemia a 18 anni. I genitori, con il consenso della figlia, all’epoca minorenne, l’avevano tolta dall’ospedale per portarla in Svizzera a fare cure alternative che non hanno fermato il tumore del sangue. Ora è polemica per il diffondersi dei viaggi della speranza privi di fondamento. «Ennesimo caso di antiscienza» lo ha definito il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, su Radio 24. «Affidandosi a sedicenti guru si entra in una dimensione dove purtroppo una patologia, che poteva essere curata e guarita, arriva fino alla morte. E questo è un caso estremo».

LA STUDENTESSA si ammala all’inizio dell’anno. L’azienda sanitaria segnala la rinuncia alle cure da parte della ragazza. Il Tribunale dei minori decreta la decadenza della patria potestà affidando la giovane alla tutela di un medico. La famiglia si oppone. Tramite avvocato prosegue la strada alternativa delle cure che comprende tra l’altro cortisone e vitamina C.

I TRATTAMENTI non hanno avuto l’effetto sperato. La coppia aveva vissuto un altro grave lutto: la perdita del figlio primogenito, stroncato da un malore all’età di 22 anni mentre era in vacanza. Quando Eleonora si è ammalata i genitori hanno rifiutato l’assistenza dell’ospedale di Padova per recarsi in una clinica dove si ipotizzava che il tumore «le era stato provocato da un enorme trauma psicologico», una teoria elaborata dal tedesco Ryke Geerd Hamer, medico radiato dall’ordine. La malattia di Eleonora non sarebbe stata altro che la conseguenza della perdita del fratello. I giudici, sentita la ragazza, le avevano lasciato libertà di scelta delle cure. Eleonora si è spenta lunedì. In ospedale, quattro casi di leucemia su cinque si salvano.

Professor Pinto, una ragazza muore di tumore del sangue, il padre voleva per lei cure alternative e rifiutava la chemio.

«Inaccettabile che si debba morire così a 18 anni – risponde Carmine Pinto, presidente dell’Associazione italiana oncologia medica – quattro pazienti su cinque guariscono con le terapie, ottime, di cui disponiamo».

Cosa direbbe a quel padre?

«Che esistono cure oncologiche, non solo per leucemie e linfomi ma anche per tumori solidi, che assicurano la guarigione, non solo la lunga sopravvivenza».

Quali cure?

«Farmaci antiblastici, immunoterapia, trapianto».

Come si spiega questa obiezione alle cure?

«In questo momento in Italia c’è una debolezza culturale in diversi settori della medicina, basti vedere quel che è successo con le vaccinazioni, abbiamo debellato malattie infettive come il morbillo e c’è chi sconsiglia il vaccino, su internet circolano messaggi fuorvianti. Per i tumori si promuovono cure alternative da cui conviene invece tenersi alla larga».

Ad esempio?

«Alludo alla pratica pseudoscientifica che mette in relazione diretta l’insorgenza della malattia oncologica con traumi psicologici, nel caso della ragazza di Padova la morte del fratello avvenuta tre anni prima. Hamer, il medico tedesco che ha ispirato questa filosofia, è stato radiato tre anni fa».

Le vengono in mente altri episodi recenti finiti in tragedia?

«Un caso analogo è di quattro o cinque mesi fa, riguarda una donna con melanoma maligno che è deceduta. Non ha seguito le cure indicate dagli oncologi».

Tornano in auge le cure miracolose e improbabili?

«Le leggende ci sono sempre state, dal siero Bonifacio, che prese il nome dal veterinario di Agropoli che utilizzava le capre, allo squalene dei giorni nostri, che vede nella cartilagine di squalo una sorta di antidoto. E non dimentichiamo Di Bella».

Ma i dibelliani non denunciavano proprio gli abusi, il cinismo, le chemio date senza criterio?

«In quella fase storica si formarono due schieramenti politici, questo in medicina è deleterio».

Oggi utilizzate i test per verificare in anticipo se l’antitumorale sarà efficace o dannoso: chi contestava le chemio date senza criterio ha vinto la battaglia.

«Oggi abbiamo strumenti per caratterizzare la malattia, le terapie personalizzate, target molecolari specifici per i tumori, anche per questo occorre affidarsi con fiducia agli specialisti».

Perché si ripetono tragedie come quella di Padova?

«Perché oggi abbiamo la rete, dove puoi trovare di tutto, e molte volte passano messaggi pericolosi. Faccio l’esempio di un medico romano radiato: è andato a lavorare in Albania e il suo sito è ancora attivo. Occorre dare una corretta informazione, e far capire come siano dannosi casi come quello della ragazza di Padova».

Come oncologi che informazione date?

«Come Aiom abbiamo promosso incontri educativi con studenti, coinvolgendo esperti di organizzazioni come Asco ed Esmo. Abbiamo una campagna informativa itinerante, Non Fare Autogol, che coinvolge calciatori di Serie A e Serie B, che ha il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Coni. Occorre sensibilizzare le comunità a tutti i livelli senza mai fermarsi».