Giovedì 18 Aprile 2024

Monti lascia la guida della Bocconi Il tributo dei Grandi: "Uno statista"

Alla cerimonia il Gotha di politica e mondo accademico. Mattarella: "La Repubblica gli è riconoscente"

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di Simona Ballatore

C’è la storia, con 60 anni di Mario Monti all’Università Bocconi, che ne compie 120. C’è il futuro, con un progetto – la sua eredità – che guarda all’Europa: l’Institute for European Policy-Making. E nel giorno che l’università dedica al suo ex presidente, che resta al vertice dell’Istituto Javotte Bocconi, ci sono le più alte cariche dello Stato e dell’Ue a celebrarlo: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – accolto in sala da un lunghissimo applauso e da un incitamento –, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, circondata da studenti che le strappano selfie. Ci sono i rettori del passato, i leader di partito che sostennero il suo governo, gli ex presidenti del Consiglio Romano Prodi, Giuliano Amato, Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, la senatrice a vita Liliana Segre. Un tributo di massa.

Il primo ricordo, intimo, è del rettore Francesco Billari: "Eri il mio professore di Economia politica. Una mattina ci hai comunicato la nomina a rettore. In aula è scoppiato un applauso, come quello di oggi. Che non ha scalfito la tua nota imperturbabilità, ma forse eravamo consapevoli, mi piace pensarlo, di un evento storico". Ripercorre il comune destino Giuliano Amato: "A distanza di vent’anni ci siamo trovati alle prese con lo stesso problema: evitare il tracollo della credibilità italiana e creare condizioni più solide per il futuro", a costo di "azioni drastiche". "Di recente ho visto apprezzamenti per le mie politiche del ’92. Mario, credo che nel 2042 possa accadere anche per il tuo governo".

L’ex governatore della Bce Jean-Claude Trichet rende omaggio all’"ammirato professore, luminare europeo, grande statista italiano". Mentre von der Leyen ricorda le sue dritte: "Gli investimenti pubblici sono il carburante, le riforme il motore. Questa filosofia ci ha guidati in anni di pandemia e guerra. Continuerò a contare sui tuoi consigli, mio caro amico, l’Europa ha bisogno della tua saggezza e della capacità di costruire ponti tra il mondo accademico e la politica, tra il Nord e il Sud dell’Europa, tra le difficoltà del presente e il futuro".

"Prende la parola Mario Monti": si sente all’altoparlante. "Cerca di prendere la parola...", dice lui. L’emozione è nella voce, insieme all’ironia. Ripercorre i primi passi, quando arrivò alla Bocconi trainato dalla sorella Claudia, che era al terzo anno. "Estate 1961: avevano appena eretto il muro di Berlino. Mi iscrissi, non esisteva il numero chiuso, diversamente non sarei entrato", racconta, suscitando sorrisi. Ringrazia la moglie Elsa e chi è stato fondamentale in tutti i passaggi, verso l’Europa. A cominciare da Silvio Berlusconi, assente per motivi di salute. Poi passa il testimone al presidente Andrea Sironi: "Se la sua durata in carica dovesse essere pari alla mia avrà un lungo e proficuo lavoro, fino al 2050. Io intanto mi segno la data del 2042, su suggerimento di Amato". Chiude, commosso, esortando i giovani a "non escludere l’impegno pubblico ed eventualmente politico", ricordando "lo stato d’animo con cui ha accettato questo secondo mandato il presidente Mattarella". Che si alza in piedi, applaude e lo abbraccia. "Il segno europeista del presidente Monti – conclude il capo dello Stato – ha caratterizzato tutta la sua lezione. La Repubblica gli è riconoscente e si ritrova nella decisione del presidente Giorgio Napolitano di nominarlo senatore a vita".