Monopolio web: la concorrenza è il solo antidoto

Un gigantesco catalizzatore che ha concentrato nelle mani di pochi il controllo del pianeta: sarà questa l’immagine evocata dagli storici del futuro per descrivere il fenomeno esploso nel primo ventennio del Duemila. La soppressione del profilo di Donald Trump, prima da Facebook e poi anche da Twitter, è l’ultimo esempio di come il mostro GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon), piovra con miliardi di tentacoli, possa pilotare il futuro dei singoli e del mondo senza render conto a nessuno. Non si tratta qui di stabilire se sia giusto o no mettere a tacere un ex presidente che si è trasformato in piromane.

Ma di decidere chi, in quali circostanze, con quale legittimità democratica e con quale autorità morale ha il diritto di dare o togliere la parola a un personaggio pubblico, per quanto riprovevole e dannoso sia, che si tratti di Trump o di Putin, di Xi o di Erdogan. La realtà è sotto gli occhi di tutti: le quattro società private californiane del GAFA, che diventano GAFAM (con Microsoft), hanno conquistato un potere monolitico e incontrollabile in grado d’influenzare l’opinione pubblica mondiale, di promuovere o bocciare un leader durante una campagna elettorale, di propagare o bloccare contenuti in Rete generando una presunta mainstream non autorizzata e non verificata e annullando le regole della concorrenza. "Hanno in mano tutti gli elementi della nostra vita", dice il filosofo Edgar Morin. Anche tenendo conto dei preziosi servizi offerti dalle GAFA, ormai indispensabili per miliardi di consumatori, il prezzo che dobbiamo pagare pare eccessivo.

Il punto centrale riguarda l’informazione: mentre gli organi di stampa tradizionali – i giornali, le radio, le tv – devono rispondere ad authority e rispettare le norme di una distribuzione equilibrata delle notizie e dei commenti (ci sono giornali di destra, di centro e di sinistra, i lettori possono scegliere e farsi la loro idea), le piattaforme GAFA si arrogano il diritto di decidere quali messaggi far galleggiare nell’oceano delle fake news favorite dalla mancanza di controllo. Tutto questo oltretutto riproponendo i contenuti della stampa, pubblicando testi e foto senza pagare, e più in generale schivando le tasse dovute ai singoli Stati grazie alla domiciliazione in paradisi fiscali e paesi compiacenti. Un rapporto dell’Antitrust americana dello scorso ottobre definisce "gangster del web" queste società divenute in pochi anni miliardarie. Negli Usa è in preparazione un Digital Services Act. In Europa il commissario francese Thierry Breton lavora a un progetto di legge contro il "Far West digitale". È venuto il momento di svegliarsi.