Martedì 23 Aprile 2024

Mistero in Abruzzo: bocconi avvelenati nel parco nazionale. Caccia ai killer dei lupi

I carabinieri forestali: primi indiziati sono i pastori o i cercatori di tartufi. In campo India, Kenia e Noche, i cani del nucleo speciale anti-veleni. Scoperta grazie ai gps installati nei collari dei grifoni, anch’essi nel mirino

Lupi, in Abruzzo è mistero sui bocconi avvelenati

Lupi, in Abruzzo è mistero sui bocconi avvelenati

India, Kenia e Noche sono i magnifici tre del Nucleo speciale dei carabinieri. Soggetti tosti, dotati di un fiuto raffinato. Danno la caccia al serial killer della foresta. Eccoli qua i tre cani anti-veleno. Con i loro addestratori costituiscono la task force d’Abruzzo per individuare lo sconsiderato o gli sconsiderati che, per qualche motivo ancora non chiaro, giorni fa ha cosparso un’area precisa del Comune di Cocullo, provincia dell’Aquila, un borgo di 211 abitanti nell’alta Valle del Sagittario, di bocconi avvelenati. Risultato: uccisi nove lupi, cinque grifoni e quattro corvi imperiali che si erano cibati delle carcasse. La strage di maggio.

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I tre pastori belgi Malinois, animali duttili e intelligentissimi utilizzati anche alla ricerca di ordigni nei teatri di guerra, sono addestrati a fiutare il veleno nei bocconi di cibo e con i loro conduttori fanno parte di una squadra di carabinieri forestali appositamente impiegata alla ricerca del serial killer e nella prevenzione degli avvelenamenti che da queste parti stanno diventando un incubo.

"Qui siamo di fronte ad una strage, ma il problema dei bocconi avvelenati disseminati in quest’area che confina con il Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise si verifica in maniera ciclica e non concentrato nella stessa zona, il che rende difficoltosi i servizi preventivi – spiega il tenente colonnello Donatello Cirillo, comandante di carabinieri forestali dell’Aquila e capo della task force anti avvelenatori –. Su questo caso ha aperto un’inchiesta la procura della Repubblica di Avezzano, ma la task force è sempre attiva anche per controlli preventivi. E comunque sono tante le singole segnalazioni che ci arrivano. Andiamo con i cani e ed effettuiamo le bonifiche cercando di estendere il controllo a più ampio raggio per mettere in sicurezza l’area".

India e Kenia, del nucleo cinofilo carabinieri parco Gran Sasso di Assergi (condotti dal brigadiere Alessandra Mango e dall’appuntato Andrea Corsi) e Noche (in coppia con brigadiere Alessandro Carfagnini), reparto forestali del parco nazionale d’Abruzzo-Lazio-Molise nucleo Villetta Barrea, hanno già all’attivo diversi ritrovamenti. Difficilmente falliscono. Li hanno addestrati per un anno intero al Centro cinofilo dei carabinieri di Firenze, poi affidati ai rispettivi conduttori con cui si allenano quotidianamente per individuare le trappole tossiche.

Il caso specifico è stato scoperto grazie ai grifoni, maestosi e protetti, reintrodotti nel 1993 e ora presenti in circa 300 esemplari tutelati dai carabinieri forestali e delle associazioni ambientaliste.

Due di loro, dotati di collare gps, da due giorni risultavano fermi nello stesso posto. Troppo strano, quasi impossibile. I militari hanno individuato il luogo e così si è scoperta la carneficina: tutte le carcasse degli animali morti erano sparse in un raggio di 400 metri. Uno dei cani anti-veleno ha anche fiutato ciò che restava di due pezzi di grasso animale da un chilo l’uno circa, una pezzatura preparata da mano esperta, né troppo grande né troppo piccola, confezionata apposta perché venga ingerita tutta o quasi.

"A breve avremo il resoconto dell’Istituto zooprofilattico di Teramo – dice il colonnello – e da lì si trarrà un indizio importante perché sapremo che sostanza ha ucciso gli animali, se si trova in commercio nei punti vendita di elementi fitosanitari oppure se è in dotazione solo a poche persone". Eppure qualcosa già si muove. "Qualche sospetto lo abbiamo, ci sono persone sotto osservazione".

Il caso è onestamente difficile da risolvere, come trovare un ago nel pagliaio. Servirebbe un pentito, che per ora non c’è. Con che motivazioni può aver agito l’avvelenatore di lupi? L’ufficiale pesa le parole. "Il ventaglio di ipotesi è ampio e con la bella stagione i casi sono più frequenti. Gli avvelenamenti si verificano per esempio ogni anno prima che le mandrie vengano portate dagli allevatori in alta montagna. Eliminare predatori come i lupi significa, nell’ottica dei pastori, salvaguardare gli animali al pascolo, qui le chiamano pulizie di primavera. Poi ci sono le gelosie fra cercatori di tartufi e in questo caso una delle ipotesi è che che cerchino di eliminare i cani dei competitor, con l’aggiunta poi delle squadre di cacciatori che ce l’hanno con i lupi perché predano la selvaggina".

I banchetti di bocconi avvelenati poi possono essere letali per altre specie protette, come gli orsi marsicani che frequentano la zona e il corridoio faunistico verso il parco regionale Sirente - Velino. I sindaci del territorio, abituati alla gestione della fauna selvatica che considerano un patrimonio preziosi, sono preoccupati perché temono anche ripercussioni per il turismo e chiedono di intensificare i controlli.

Michela Brambilla la pasionaria animalista di Forza Italia da giorni insiste: "Servono pene più severe per chi maltratta e uccide gli animali con aggravanti pesanti per gli avvelenatori, ogni anno fra bracconaggio e altro vengono uccisi 300 lupi". India, Kenia e Noche sono pronti, anche oggi probabilmente usciranno in perlustrazione.