"Mio fratello disse: sposalo o ti uccido"

L’incubo di Asia, una ragazza pachistana in fuga dal matrimonio forzato e dalla famiglia. "Mi minacciò: ti do in pasto ai cani"

Una ragazza islamica prega

Una ragazza islamica prega

"Se non sposi chi vogliamo noi, ti faccio a pezzi e ti do in pasto ai cani". Asia, la chiameremo così per proteggerla, aveva ancora in gola il sapore del sangue per le bastonate ricevute dalla madre, quando a 19 anni ha pensato che forse sarebbe stato meglio farla finita lì, in un polveroso villaggio del Pakistan. "Morire – confessa con un filo di voce a sette anni di distanza da quella tragica serata – mi sembrava una liberazione".

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La sua famiglia la sta ancora cercando?

"Sì, ho paura soprattutto di mio fratello. È stato lui a giurare davanti a tutti che mi avrebbe ammazzata. Sono passati diversi anni, ma nessuno nella mia famiglia ha dimenticato".

Partiamo dall’inizio, quando è arrivata in Italia?

"Nel 2003. La mia famiglia è molto povera. Mia madre, che era molto religiosa, mi ha odiato dal giorno in cui sono nata: in quanto donna ero inutile, visto che non potevo portare soldi a casa. A tavola la carne era solo per i miei fratelli, noi ragazze dovevamo accontentarci di verdure e sugo. Se cercavo un po’ di coccole o qualche piccola attenzione, partivano subito le sberle. Le bambine, secondo i miei genitori, dovevano solo stare zitte".

A scuola andava meglio?

"Mi obbligavano ad andare con gli abiti tradizionali e il velo integrale, quello che copre anche gli occhi. Quando ho visto i miei compagni in tuta, ho chiesto ai miei genitori di potermi vestire come loro. Mi hanno picchiata e costretta a indossare i vestiti pachistani. Ogni giorno era un’umiliazione. I compagni e i professori non mi hanno mai aiutata, non volevano immischiarsi. E poi era molto difficile fare amicizia, perché appena suonava la campanella tornavo subito in casa. Vivevo segregata".

Quando le hanno detto che avrebbe dovuto sposarsi?

"Fin da piccola ero stata promessa al figlio della sorella di mio padre. Ma quando nel 2007 ho scoperto di avere seri problemi di salute, dovuti al fatto che i miei genitori in realtà sono cugini, sono stata rifiutata. Ero costretta a letto, ero diventata ancora più inutile. ’Non sei nemmeno buona per il matrimonio’, mi urlava sempre mia madre. Per anni i miei genitori mi hanno fatto credere di aver speso una fortuna per le mie cure, quando in realtà era tutto gratuito".

E poi cosa è successo?

"Mia madre, che voleva sbarazzarsi di me a tutti i costi, ha pregato suo fratello di organizzare un matrimonio con uno dei suoi figli. Lui ha accettato. Io non sapevo nulla, anche se avevo capito che stava succedendo qualcosa. Dopo otto operazioni, ho iniziato a stare meglio e nel 2015 sono volata in Pakistan con la famiglia. Ma i miei non sapevano che nel frattempo avevo conosciuto un altro ragazzo".

Come ha fatto, visto che non aveva vita sociale?

"Nel 2010 mio padre mi aveva comprato un cellulare. Mi serviva per chiamare la navetta con cui andare e tornare da scuola. Il telefonino in realtà era uno smartphone, ma lui non lo sapeva. Con un falso profilo Facebook ho conosciuto un ragazzo pachistano di cui mi sono innamorata e che volevo sposare".

E quindi il giorno del matrimonio cosa è successo?

"Mi sono rifiutata. Mia madre mi ha preso per i capelli e ha inizato a bastonarmi. Mio fratello ha giurato di ammazzarmi e di darmi in pasto ai cani. Nessuno ha alzato un dito per prteggermi. Si sono trattenuti solo perché il caso Hina aveva fatto molto scalpore e per via della mia malattia ero seguida dai servizi sociali. Avevano paura di venire arrestati al rientro. Poi parlando con mio padre, sono riuscita a convincerli a farmi sposare il ragazzo che amavo. Mi hanno detto che per loro da quel giorno ero morta".

Un lieto fine?

"Non proprio. Mio marito mi tradiva continuamente e spacciava. Anche lui, quando l’ho denunciato, me l’ha giurata. Per fortuna ho conosciuto l’associazione Trama di Terre, che protegge le ragazze in fuga dai matriomni combinati, e grazie a loro mi sono rifatta una vita, ma non posso raccontare a nessuno la verità, perché so che mi stanno ancora cercando":