Mercoledì 24 Aprile 2024

Minozzi rifiuta la clausura? Lo capisco

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Leo

Turrini

O la bolla o la vita. Non la bolla dell’acqua calda, bensì quel mondo “chiuso” che è l’unica soluzione per la continuità dello sport business, in tempi di pandemia. Anche se poi capita, vedi polemiche sulla gita in montagna di Cristiano Ronaldo, capita, dicevo, che qualcuno delle regole da clausura francamente se ne infischi. Ma insomma. Insomma, c’è dice no. Alla bolla e alla necessità dell’isolamento in nome del più classico “show must go on”, lo spettacolo deve andare avanti.

Matteo Minozzi, promessa del rugby italiano, tesserato per un club britannico , ha deciso di rinunciare alla convocazione per il torneo Sei Nazioni. Ha smaltito da poco un infortunio. Ma soprattutto non se la sente, per settimane, di trascorrere le sue giornate fra albergo e campo, campo e albergo. Magari gli passa per la testa che la vita vera, appunto, in una bolla non ci sta, non ci può stare. Qualcuno obietterà che se Minozzi guadagnasse di più, se fosse un calciatore o un asso della Nba, il super basket americano, beh, probabilmente non si sarebbe lasciato spaventare dalla clausura. Ci può stare, per carità.

Ma qui conta il valore simbolico di un gesto che è un invito alla riflessione nella nostra quotidianità. Dopo un anno di Covid, non è diserzione ammettere il disagio. Confessare un senso di impotenza, di fronte ad uno stravolgimento tanto grande, diventa persino un atto di coraggio. Dovremmo avere imparato, forse, che far finta di niente non aiuta. E illuderci che tutto tornerà come prima, nemmeno. Purtroppo.