Perché Putin vuole il Donbass: minerali e neon per la Silicon Valley

Il 60% del gas usato nel mondo per i semiconduttori arriva da lì. Risorse di carbone per i prossimi 500 anni

Donbass, obiettivo strategico per Putin

Donbass, obiettivo strategico per Putin

21 aprile 2022 - Creare uno Stato cuscinetto ai propri confini; confermare la narrazione del genocidio contro i russofoni e della necessità di intervenire per proteggerli; mettere le mani su altre risorse minerarie e su quel che resta dell’industria pesante ucraina. E il bisogno di una "vittoria" per mettere fine alla "operazione militare speciale". È per queste ragioni che Putin vuole il Donbass, dove dal 2014 ha creato, armando i nazionalisti filorussi, due repubbliche russofone indipendenti che hanno combattuto con Kiev e controllato una parte delle due province. Il sogno di Putin è unire il Donbass alla Crimea creando un "ponte" attraverso le regioni di Cherson e Zaporizhzhia, oggi sotto parziale controllo delle sue truppe.

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Riserve di carbone per 500 anni

La Russia possiede enormi riserve di gas, petrolio e carbone. Ma sottrarle ad altri può essere una strategia. Il Donbass ha grandi riserve di carbone e lignite, stimate in almeno 40 miliardi di tonnellate (sulle 41,9 totali dell’Ucraina). Sono giacimenti molto profondi (da 1.200 a 1.800 metri per il carbone) e costosi da estrarre, tanto è vero che l’industria era sovvenzionata dallo Stato. La produzione, che nel 1976 aveva toccato il picco di 218 milioni di tonnellate è scesa a poco più di 80 milioni nel 2011-2012 e, dopo la guerra iniziata nel 2014 (che ha lasciato solo il 60% delle miniere ai filorussi), è precipitata a 40 milioni di tonnellate. Considerando una estrazione di 80 milioni di tonnellate l’anno, il Donbass ha riserve per circa 500 anni.

Le miniere

Il Donbass ha importanti riserve di litio (giacimento di Schecheniuske, all’estremità occidentale della provincia Donetsk e anche vicino Mariupol), materiale strategico presente però anche in altre parti dell’Ucraina centrale. Il Donbass metalli rari come il germanio (estratto nelle miniere di carbone) utilizzato nell’industria dei semiconduttori oltre che di titanio (vicino Mariupol). E poi tantalio, niobio, berillio, mercurio (Harlivka), ferro (Mariupolske), oro (Bobrikivske, al confine con la Russia), zirconio. Nel bacino carboniero del Donbass sono presenti anche depositi di gas e, nella zona di Lugansk-Lisychansk, depositi di petrolio e gas (che in Ucraina sono più diffusi nelle regioni di Kharkiv e Poltava, anche se ancora poco utilizzati). Dall’Ucraina poi viene il 60% del gas neon utilizzato dall’industria mondiale dei semiconduttori (e il 90% utilizzato da quella americana): i due terzi di questo dalla sola Iceblick di Odessa, il resto da Cryon di Odessa e dalla Ingas di Mariupol.

La cintura della ruggine

Nel Donbass la vecchia Unione Sovietica aveva concentrato l’industria pesante, grazie al fatto che il Donbass è grande produttore di carbone e che le miniere di ferro ucraine (Kryvy Riyh, Zaporizhzhia, Crimea) non sono lontane. A Mariupol furono create una enorme acciaieria e altri impianti metallurgici e nel Donbass sono fiorite negli anni della guerra fredda aziende per produrre macchinari, trattori ma anche carri armati. L’acciaieria di Mariupol è stata distrutta nella attuale guerra, e così parecchi impianti pesanti, molti dei quali già nella guerra iniziata nel 2014 tra il governo centrale e i separatisti erano stati danneggiati o abbandonati. Il panorama è da "rust belt" la cintura della ruggine.

Più russofono che russofilo

Secondo il censimento del 2001, l’etnia ucraina forma il 58% della popolazione dell’oblast di Lugansk e il 56,9% dell’oblast di Donetsk. I russi etnici formano la minoranza più grande, rappresentando rispettivamente il 39% e il 38,2% dei due oblast (mentre in Crimea sono il 58,3%). Il Donbass è però una regione prevalentemente russofona. Secondo il censimento del 2001, il russo è la lingua principale del 74,9% dei residenti nell’oblast di Donetsk e del 68,8% nell’oblast di Lugansk. Secondo sondaggi condotti tra il dicembre del 2021 e il febbraio del 2022, tra la popolazione russofona ucraina il placet all’ingresso nella Nato è dato al 38% contro il 41% che è contrario. Gli altri, divisi tra due mondi, non scelgono. Nelle aree amministrate dai filorussi il consenso per la Russia sale però oltre l’80%.