Minacce via sms e scoop sulle dimissioni Caso Becciu, tutti i fatti che non tornano

I dubbi della scrittrice Scaraffia: "Come faceva a sapere un giornale dell’addio del cardinale? Poca trasparenza e faide in Vaticano"

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di Lucetta Scaraffia

Domanda: per un cattolico normale, che non conosce né i cardinali né le complesse alchimie vaticane, cioè per quasi tutti noi, è più consolante sapere che ci sono stati gravi sperperi di denaro anche da parte di personaggi di primo piano, ma che ora coraggiosamente l’istituzione stessa fa pulizia (come appariva a chi avesse letto i giornali fino a qualche giorno fa), oppure che questa storia più che una coraggiosa denuncia è una vicenda sporca e confusa, piena di personaggi loschi e di coincidenze inspiegabili?

Certo, ognuno di noi vorrebbe che fosse vera la prima ipotesi, e sarà forse per questo che i giornali nel loro complesso stanno ignorando le terribili e inquietanti notizie che la citazione a giudizio depositata dai legali del cardinale Angelo Becciu contro L’Espresso ha reso di pubblico dominio. Non pochi giornalisti hanno ripreso da quell’atto giudiziario solo un elemento che di per sé è ovvio: perdendo i diritti relativi al cardinalato Becciu non dovrebbe partecipare al conclave né come elettore né come potenziale eletto. Al fine di sbeffeggiarlo scrivendo che credeva di diventare papa… Forse sperando così di cancellare l’onta per il giornalismo italiano di avere pubblicata e presa per vera quella che potrebbe essere una clamorosa truffa, poi diffusa in tutto il mondo.

Nella citazione legale infatti la prima ’narrativa’, quella diffusa da L’Espresso e sollecitamente ripresa da non pochi media, è completamente rovesciata. Il cardinale non ha ricevuto avvisi di garanzia, né da parte del tribunale vaticano né da parte italiana. Ma il particolare più inquietante è che la notizia delle sue dimissioni, richieste come ormai è noto da papa Francesco durante l’udienza a Becciu iniziata alle 18.02 di giovedì 24 settembre, era stata anticipata da L’Espresso in due pagine web recanti il titolo "Si è dimesso": una predisposta con 7 ore e 50 minuti di anticipo sugli avvenimenti; un’altra pubblicata online 2 ore e 18 minuti prima che il cardinale fosse ricevuto a Casa Santa Marta. Come facevano a saperlo, prima del cardinale stesso e forse perfino prima del Papa, il direttore del settimanale, Marco Damilano, e l’autore dell’inchiesta, Massimiliano Coccia? Sembrava molto ben informata di quello che sarebbe accaduto anche Geneviève Putignani, amica di monsignor Alberto Perlasca – coinvolto nell’indagine sul palazzo di Londra – che già da luglio aveva bersagliato il cardinale e un suo fratello con messaggi e telefonate minacciosi. In uno di questi specificava, addirittura fin dal 10 settembre, che Becciu avrebbe perso la carica fra il 15 e il 30 di quel mese. Tutti più informati del Papa stesso, si direbbe.

Cosa sta succedendo in Vaticano? Ha il diritto di chiedersi ognuno di noi. Questa non sembra proprio un’operazione di pulizia e di trasparenza. Per ora nessuno ha risposto alla citazione dell’avvocato di Becciu, nessuno ha spiegato come mai molti sapevano prima del cardinale stesso e del Papa. E nessuno ha chiesto scusa per aver indicato come indagato una persona che non lo è.

Se vogliamo trovare una buona notizia, dobbiamo guardare a monsignor Galantino, che qualche giorno fa, intervistato dal Tg2, ha assicurato a tutti i fedeli che nessuna somma di denaro destinata ai poveri è stata stornata per scopi illeciti. Ma allora? Certo tutti vorremmo che i soldi destinati ai poveri vadano a buon fine, ma non basta. Non c’è infatti solo la necessità di soccorrere i poveri. Esiste anche un’esigenza di verità e di giustizia, che non deve essere calpestata con tanta disinvoltura. Anche perché, se a queste domande non arriva una risposta seria e convincente, c’è il pericolo che soldi per i poveri non ne arrivino più.