Giovedì 18 Aprile 2024

Minacce e deliri nelle chat No vax "Uniti possiamo bloccare il Paese"

L’obbligo della carta verde al lavoro scatena i fanatici, che invocano lo sciopero e se la prendono con Draghi

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di Alessandro Balbo

"Siamo 5 milioni a non volere il Green pass, cosa succederebbe se tutti restassimo a casa?". La risposta del popolo no pass all’obbligo di certificazione per tutti i lavoratori, che scatterà domani, sono le braccia incrociate. Nel segno dei portuali di Trieste, il flusso delle chat di Telegram contesta il governo non solo (e non tanto) con deliranti e violente minacce di morte a Draghi e compagnia, ma soprattutto con l’idea di proclamare uno sciopero generale che - nelle intenzioni - blocchi completamente la filiera produttiva, paralizzando il Paese.

A una settimana dalle manifestazioni che, a Roma, hanno portato all’assalto squadrista alla sede nazionale della Cgil, i no pass prospettano un’astensione generale dal lavoro: "Spero che i camionisti non portino più la merce a quegli schifosi dei supermercati", scrive qualcuno. L’ispirazione verrebbe dall’azione di protesta dei portuali di Trieste, che hanno minacciato il blocco dei trasporti se la misura non venisse ritirata dal governo. Sono loro gli "eroi" della galassia Telegram, che pensa addirittura di sostenerli con una colletta. Gli stessi portuali, in un comunicato, ringraziano tutti per il sostegno, rifiutando le offerte in denaro ma chiedendo "di continuare a portare avanti questa giusta lotta in difesa del diritto al lavoro e della libertà personale, bloccando il lavoro a partire dal 15 e fino a quando sarà necessario". Pronta la reazione delle chat: "Si blocca tutto e basta! Senza se e senza ma! E lo sanno, guardate i giornali, non c’è uno che non nomini gli scaffali vuoti da venerdì, come mai…?!"; "Le industrie non terranno i ritmi delle catene, imploderà tutto nell’arco di qualche giorno"; "Si stima dal 25 al 30% in meno di trasportatori. Supermercati vuoti entro 6 giorni". Circola addirittura un modulo, da presentare al datore di lavoro, che giustifica l’adesione allo sciopero motivando che la decisione governativa "non rispecchia la Costituzione e la Libertà e offusca la Democrazia".

I commenti violenti ed eversivi sono tanti, e spaventano. "Vinceremo quando Draghi sarà morto", dice un utente, "non porterà a termine il suo compito da servetto dei potenti il nostro caro bancario...", gli fa eco un altro. E ancora: "Ci vuole un po’ di sana violenza che svegli questi bambocci, ben vengano fascisti comunisti Black Block... E ricordatevi la rivoluzione francese", "Servirebbe un colpo di stato militare". Sorprendentemente, però, tali esternazioni vengono stigmatizzate dalla maggior parte degli aderenti. Al centro delle proteste vi sarebbe, infatti, l’azione non violenta: "Facciamo una manifestazioe pro libertà civile e sanitaria... Maria Teresa di Calcutta diceva ‘non invitatemi a una manifestazione contro la guerra ma invitatemi a una manifestazione per la pace e sarò in prima linea’", scrive Massimo, mentre Paolo invita a fare "non guerra civile ma disobbedienza civile, per un mese stiamo a casa, in pace, teniamo al minimo energia elettrica e alimenti". Pur nell’apparente follia, è molto forte la solidarietà reciproca: "Ci siamo organizzati per dare sostentamento e ridurre le spese per coloro si troveranno in difficoltà in zona. Galline, conigli, legna da ardere e stufe, candele, scatolette... scorte. Vorremmo che chi teme un giorno senza stipendio abbia modo di provare a resistere".

La rabbia e la paura animano il mondo dei no pass. Si rinchiudono in ambienti dove poter far rimbalzare e rafforzare le proprie convinzioni, nel terrore di uno scenario post-apocalittico: "Sii forte, fai scorta di cibo e acqua, in secondo luogo di prodotti igienizzanti e di pronto soccorso. Tieni le persone utili e i tuoi cari intorno a te, se riesci a convincerli a prepararsi anche per l’imminente incidente. Diventerà fottutamente brutto nelle grandi città", prospetta qualcuno. Un ambiente impermeabile alle notizie ufficiali, intriso di completa sfiducia nei confronti della politica e, soprattutto, dell’informazione.