Migranti, ecco chi specula. La commissione: "Troppi affari sporchi"

"Nel centro di Lampedusa i profughi ricevono biscotti al posto della diaria"

Erasmo Palazzotto

Erasmo Palazzotto

Roma, 22 luglio 2017 - «La situazione dei Cara, quello di Mineo in particolare, ma anche di altri, è l’emblema del fallimento del modello di accoglienza dei grandi centri. Un modello tenuto in piedi essenzialmente per dare spazio ad altri interessi che con l’accoglienza non c’entrano niente: elettorali, affaristici, a volte mafiosi. Nell’ultimo periodo ne abbiamo vste di tutti i colori». Il deputato di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto, siciliano, è uno di quelli che conosce più da vicino l’affare migranti. Come segretario della Commissione d’inchiesta della Camera dei deputati per i centri di accoglienza ha compiuto in prima persona numerose ispezioni nei Cara e nei Cas. «Il problema è che dopo tre anni dallo scoppio dell’emergenza non si è ancora sviluppato un modello alternativo a quello dei grandi centri. Basti pensare che di tutti i migranti accolti, solo il 10 per cento si trova negli Sprar, le piccole strutture gestite dai comuni. Un motivo ci sarà...».

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E qual è ?

«La formula del centro di accoglienza grande e della gestione emergenziale garantiscono un margine di flessibilità maggiore nell’erogazione delle risorse, come nelle assunzioni o nella scelta dei fornitori. Si parla di cifre importanti: Mineo che costa 50 milioni di euro l’anno. In quegli importi mastodontici si nascondono meglio le magagne».

Nel business migranti lavorano tutte le big del Terzo settore.

«Hanno fiutato l’affare e ci si sono buttate, spesso in prima persona, spesso costituendo holding con scatole cinesi al loro interno, quasi sempre dividendosi il lavoro. E quasi tutte hanno riferimenti politici importanti. Tutte cose già emerse nella cronache politiche e in quelle giudiziarie».

Ma lo Stato non controlla?

«Uno dei problemi più gravi è proprio la mancanza o la scarsa incisività dei controlli. Dovrebbero essere svolti attraverso le prefetture, che però o non li fanno o non ne fanno abbastanza».

L’ha rilevato anche Cantone.

«Le prefetture spesso non hanno le forze, e c’è da chiedersi perché a livello centrale non si è scelto di potenziarle, almeno quelle più esposte. Non credo sia una scelta casuale. Altre volte chi gestisce i Cara o i Cas gode di protezioni in prefetture. Ho esperienze dirette».

Quando?

«Le faccio un esempio: avevo fatto un’ispezione a Lampedusa, rilevando che l’associazione che gestisce il centro, la Misericordia, non dava ai migranti il pocket money che spetta loro – e che viene pagato dallo Stato – di 2 euro e mezzo al giorno. Al suo posto, davano un pacchetto di biscotti da 30 centesimi. Un’anomalia grave, per l’associazione un guadagno importante, illecito, si mettevano loro nelle tasche due euro e mezzo per ogni immigrato, al giorno. La stessa anomalia era stata segnalata da un rapporto del viceprefetto di Agrigento ai vertici della sua struttura. Quando l’ho detto al prefetto, mi ha risposto che non poteva farci niente. A quanto ne so, tutto è rimasto com’era».

I prefetti devono fare di più?

«Certo. Le pare che dopo tutto quello che è emerso al Cara di Isola Capo Rizzuto la prefettura possa cadere dal pero e affermare che prima non aveva capito niente? Quando con la Commissione di inchiesta siamo andati a Mineo e abbiamo chiesto l’elenco dei fornitori, ci hanno risposto che non ce l’avevano, e a quanto so io tuttora non ce l’hanno. Possibile che la stessa domanda non l’abbia posta prima la prefettura?».

(2. fine)