Mercoledì 24 Aprile 2024

Migranti, il governo avverte le ong "La richiesta d’asilo si fa a bordo"

Decreto allo studio, l’obiettivo: il Paese di bandiera della nave deve farsi carico dell’accoglienza. Garantiti solo i salvataggi lampo. Il sottosegretario Molteni: "Sanzioni a chi non rispetta le regole"

Migration

di Giovanni Rossi

Trasporto rapido dei naufraghi salvati nel più vicino porto sicuro senza permanenza delle ong in mare per altri salvataggi o trasbordi. Obbligo di richiesta a tutti i migranti di manifestare già a bordo l’eventuale interesse alla protezione internazionale in modo che sia il Paese di bandiera della nave a farsi carico dell’accoglimento dopo lo sbarco. Il governo affronta l’emergenza migranti con un nuovo baldanzoso decreto del quale emergono gli obiettivi politici (spezzettare le operazioni di salvataggio e le dimensioni degli sbarchi, coinvolgere già in mare gli altri Paesi nei ricollocamenti piegando lettera e prassi del regolamento di Dublino), ma non le linee cogenti a raggiungerli. Anzi la norma in preparazione fa già discutere perché riapre il tema del salvataggio e della protezione di uomini donne e bambini in pericolo nel Mediterraneo con modalità ibrida: l’emanazione per decreto di un codice di condotta al quale le ong armatrici delle navi di soccorso in area Sar dovrebbero uniformarsi. Fatto per nulla scontato visti l’alto impatto delle richieste di governo, la bandiera quasi sempre straniera delle navi (che potrebbe peraltro non coincidere con quella delle ong), e la possibilità dei migranti di non aderire alla richiesta.

Il sottosegretario agli Interni Nicola Molteni (Lega Nord) alza la voce: "Spero che entro fine anno il decreto sul codice per le ong possa essere pronto. Verranno penalizzate le ong che non rispetteranno le norme del provvedimento". Secondo l’esponente del Carroccio, bisogna infatti "definitivamente distinguere tra le missioni di salvataggio e le attività di ricerca sistematica; chi viola le norme incorrerà prima in sanzioni amministrative, poi se reitera anche in fermi amministrativi, fino alle confische delle navi". Il solito spauracchio prefettizio destinato al vaglio di Tar o Consiglio di Stato. A occhio, non risolutivo.

"Si tratta di una serie di regole comportamentali che si desumono da convenzioni internazionali e prevedono l’obbligo del coordinamento di salvataggi non autonomi e sistematici: non si possono tenere i migranti in mare per settimane", continua Molteni ribaltando la narrazione abituale. Come se fosse dipeso dalle ong, anziché dal governo, il braccio di ferro di novembre prima di perfezionare gli sbarchi: inizialmente selettivi (una follia) e poi totali come imposto dalla normativa vigente e come da allora sta inevitabilmente avvenendo. Il sottosegretario leghista lancia uno zuccherino all’opposizione: "Il codice di condotta è stato stilato mutuando il codice Minniti del 2017 (ndr, promosso dall’allora ministro dell’Interno dem). Anche per questo mi auguro largo consenso in Parlamento".

Considerazioni che difficilmente saranno accolte. Sia per il vento radicale che soffia a sinistra (quasi in compensazione etica) in questi giorni di Qatargate, sia per la delicatezza della materia in base al diritto del mare: nessun capitano potrebbe infatti mai far rotta per il primo porto sicuro se, avendo capienza a bordo, ricevesse un’altra richiesta di salvataggio subito dopo la prima. Insomma, una questione complessa che investe la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, aggredisce le spire del regolamento di Dublino sui doveri del Paese di primo sbarco e, più in generale, attinge a una gerarchia di fonti giuridiche non semplici da accordare ai traguardi cui punta la maggioranza. È infatti anzitutto la Lega a cavalcare il tema. Non a caso, Matteo Salvini torna a Lampedusa. All’isola, attraverso il decreto aiuti quater, sono destinati stanziamenti per oltre 200 milioni. Ma la questione ormai è molto più ampia. E se il testo del decreto ricalcherà le anticipazioni, altre scintille con la Ue sembrano già assicurate.