Caso Pedri, la sorella: "Sara vittima di mobbing. L’hanno uccisa le parole sbagliate"

Trento, Emanuela Pedri chiede giustizia per la ginecologa scomparsa a marzo: in quell’ospedale violenze continue

La ginecologa Sara Pedri, 31 anni, scomparsa a Trento dallo scorso 4 marzo

La ginecologa Sara Pedri, 31 anni, scomparsa a Trento dallo scorso 4 marzo

Verità per Sara Pedri. Parole che pesano come un macigno e che si rincorrono sul web da settimane. Un hashtag lanciato da quanti hanno conosciuto e amato la 32enne dottoressa forlivese scomparsa il 4 marzo da Cles, in Trentino, il giorno dopo essersi dimessa. La carriera sognata dalla dottoressa si è scontrata con un clima, quello del reparto di Ginecologia dell’ospedale Santa Chiara, che era arrivato a incuterle "terrore". Un clima confermato dai colleghi e che ha scosso dalle fondamenta la sanità trentina portando all’allontanamento del primario Saverio Tateo, del dirigente medico Liliana Mereu e alle dimissioni del direttore generale dell’azienza sanitaria Pier Paolo Benetollo.

Emanuela Pedri, sua sorella ha subìto mobbing sul lavoro dai suoi superiori?

"Assolutamente sì, dalla violenza verbale e psicologica costante all’epilogo finale dello schiaffo sulle mani da parte della dottoressa Mereu".

L’episodio è stato confermato da altre testimoni?

"Una delle professioniste presenti in sala operatoria me lo ha confermato ed è stata inserita nella ’memoria di Sara’, giunta alla quarta versione. Continuiamo ad acquisire nomi ed elementi e questa persona è stata sentita dalla magistratura".

Nel frattempo c’è stata un’indagine interna dell’ospedale e sono arrivati gli ispettori del Ministero. Questo ha portato all’allontanamento dei due superiori Tateo e Mereu. È soddisfatta dell’esito?

"Si è solo spostato il problema. Quello che facevano prima continueranno a farlo altrove. Sono state ascoltate 110 persone ed è stato accertato un clima di lavoro insano. A me non interessano i risarcimenti, ma ci vuole una punizione esemplare".

Che cosa intende?

"Se una commissione accerta il mobbing, non puoi più tenere quelle persone in forza a lavorare. Devono essere radiate dall’albo. Non possiamo fare passare il messaggio che, se ti comporti male, al massimo ti spostano. Se sbagli paghi. E se ti spostano non ti metti inferie il giorno dopo come ha fatto Tateo: stai dove ti hanno messo".

Ci sono altri casi oltre Sara?

"Sì, 7 ginecologhe si sono rivolte ad un avvocato, subito dopo la sua scomparsa, e hanno fatto partire anche loro una denuncia per mobbing. Tutto questo rafforza il fascicolo in Procura di Sara, perché parliamo delle stesse persone implicate".

Fascicolo che, però, al momento è un modello 45, ovvero senza indagati. Cosa vi aspettate dalla Procura?

"Mi auguro che dal 45 si arrivi presto al penale e a formulare un’ipotesi di reato, senza la quale non si possono interrogare tutti coloro che sanno. E ci sono ancora molte persone che andrebbero sentite".

Eppure l’attuale direttore generale Antonio Ferro, che ha preso il posto del dimissionario Benetollo, disse che non c’erano elementi oggettivi.

"Facile, non c’erano perché non li avevano cercati, ma sono venuti fuori con l’indagine interna e anche qui non hanno sentito tutti, come invece era giusto fare. Per esempio sono stati tagliati fuori gli infermieri, che subiscono più di tutti".

Di recente ha scritto sui social la frase di una psicoterapeuta: ’le parole possono uccidere’, dice. ‘Uccidono l’autostima e i sogni’. È quello che è successo a Sara?

"Sì, Sara era tenace, testarda e appassionata. Ambiziosa, pretendeva il massimo da se stessa. Era un’entusiasta, e tutti la ricordano come una professionista brillante. Sara è stata uccisa dalle parole sbagliate".