"Mia mamma uccisa 37 anni fa Riaprite l’inchiesta sul Mostro"

L’omicidio della coppia francese agli Scopeti, la battaglia di Anne: "Rimangono troppi punti oscuri, voglio giustizia"

Migration

di Stefano Brogioni

A quasi 37 anni di distanza dall’omicidio, l’ultimo attribuito alla sanguinosa serie del mostro di Firenze, Anne Lanciotti, la figlia di Nadine Mauriot, uccisa e mutilata nella piazzola di Scopeti nel settembre del 1985 assieme al compagno Jean Michel Kraveichvili, chiede che si indaghi ancora. Lo fa attraverso il suo legale, l’avvocato Vieri Adriani, che in un comunicato stampa mette in risalto alcune "più complesse emergenze investigative, che contraddicono lo sbrigativo provvedimento di archiviazione emesso il 9 novembre 2020". Quello che ha scritto la parola fine all’inchiesta sull’ex legionario di Prato, Giampiero Vigilanti.

La famiglia francese s’accoda quindi sul sentiero già intrapreso da un altro familiare di una vittima, Rosanna De Nuccio, sorella di Carmela, trucidata nel giugno del 1981 nella campagna di Scandicci mentre si trovava in auto con il fidanzato, Giovanni Foggi. Alla De Nuccio, nei mesi scorsi, la procura ha infatti negato l’accesso all’archivio degli atti di oltre cinquant’anni di indagine riguardanti otto duplici omicidi. Iniziati a Signa, nell’agosto del 1968, e terminati appunto a Scopeti, nel 1985. Delitti legati tra loro dalla stessa pistola, una calibro 22, e proiettili Winchester contraddistinti da una lettera H sul fondello, ma divisi da sentenze che non coprono l’interezza della serie. Mario Vanni e Giancarlo Lotti, condannati rispettivamente all’ergastolo e a 26 anni di carcere, "compagni di merende" di Pietro Pacciani (morto prima di un nuovo processo d’appello dopo l’annullamento da parte della Cassazione della sua assoluzione) per la giustizia italiana sono entrati in azione a partire dal 1982. Restano quindi tre delitti senza un colpevole – uno nel 1974, due nel 1981, tra cui quello di Scandicci – e permangono dubbi e contraddizioni sulle dichiarazioni del Lotti, che confessò la sua presenza in alcuni delitti, compreso quello che costò la vita dei due turisti francesi e che segnò la fine del serial killer.

"La procura ha sinora ignorato le giuste istanze delle persone offese di potere accedere agli atti per tentarne una rilettura completa, l’unica strada idonea a fornire ancora una soluzione al caso – dice ancora Adriani –.Non si comprende davvero quale possa essere, oltretutto a distanza di quasi 37 anni dall’ultimo duplice delitto, l’interesse pubblico a che i familiari delle vittime non debbano avere la possibilità di confrontare fra loro le informazioni custodite nei faldoni delle indagini susseguitesi ininterrotte fino alla più recente archiviazione". Secondo il rappresentante della figlia di Nadine Mauriot, la procura di Firenze deve prendere in considerazione "il diritto di tutte le persone offese di consultare gli atti e i documenti relativi ai vari procedimenti sinora definiti, per consentire di argomentare al meglio le proprie future richieste di riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414 cpp, da intendersi come necessità sia di nuovi accertamenti balistici e genetici, sia di nuove assunzioni testimoniali".

Anne Lanciotti era una bambina quando sua mamma non tornò da un breve soggiorno in Italia durante il quale avrebbe dovuto far tappa anche a una fiera di scarpe a Bologna. Scopeti è ancora oggi uno dei delitti dalla ricostruzione più controversa. A cominciare dalla sua data. Recenti studi sulle larve presenti su uno dei cadaveri, suggerirono una retrodatazione dell’omicidio: non la domenica sera del 9 settembre (quando Lottì riferì di aver visto Pacciani e Vanni uccidere), ma una o addirittura due sere prima. Questi elementi, però, non bastarono, quasi vent’anni fa, a consentire una riapertura del caso.

Non solo. Nell’ambito dell’ultima inchiesta, è emerso un Dna “sconosciuto“ da un pantalone presente nella tenda dove dormiva la coppia. È il profilo genetico del mostro? Sempre dalla scena del crimine del 1985 – recentemente oggetto di un sopralluogo della polizia scientifica – è emerso anche un reperto dimenticato per decenni: un’ogiva di un proiettile andato a vuoto spuntata da un cuscino. Lì la procura ha cercato, invano, il Dna dell’assassino, ma in compenso, da quel pezzettino di piombo, ha tratto un’indicazione sull’arma: le rigature presenti indirizzano inequivocabilmente verso una Beretta. La calibro 22 mai venuta alla luce che ha ucciso sedici persone.