Mercoledì 24 Aprile 2024

Joe Bastianich: "Mi vergognavo di essere italiano. I risotti di mamma non si battono"

Intervista alla star tv nata negli Usa da genitori esuli istriani: solo da grande ho accettato le mie radici, ora ne sono fiero. "Gli incontri della vita? Con Bowie e il Papa. Ho sacrificato un po’ la famiglia, spero i miei figli capiscano"

Joe Bastianich, 53 anni, imprenditore e musicista

Joe Bastianich, 53 anni, imprenditore e musicista

The restaurant man non si ferma mai. Uomo d’affari, complice di tanti successi gastronomici nella sua New York e non solo (Becco, Lupaosteria e molti altri), socio della prima di Oscar Farinetti per la conquista degli Usa con Eataly, imprenditore a tutto tondo con un passato a Wall Street, volto televisivo per Masterchef nel mondo. Nelle scorse settimane Joe Bastianich, classe 1968, era in tour con i napoletani la Terza Classe ma il Covid ha cancellato la tournée che, spera Joe, sarà ripresa in primavera.

Joe, lei è reduce dai voli per e dagli States per rivedere la sua famiglia a Natale. Che importanza hanno per lei queste ricorrenze?

"Ho passato da qualche anno i 50 e… non c’è stato Natale in cui non ci siamo trovati tutti a tavola a casa di mia madre Lidia. Per no è un momento imperdibile. Con mia madre e mia sorella ai fornelli ci si possono aspettare solo prelibatezze".

Quante volte all’anno può vedere la sua famiglia?

"Più spesso di quanto ci si può immaginare. Ormai i figli sono al college ed è bello sapere di ritrovarsi insieme a casa, in arrivo da più parti del mondo. In passato è stata dura dover rinunciare ad alcuni momenti di famiglia per ragioni di lavoro, ma spero che i miei figli capiranno che il lavoro è l’unica arma per raggiungere i propri sogni".

Qual è il suo piatto preferito a Natale?

"Siamo una famiglia numerosa, dedicata da sempre alla cucina. Il nostro menù è davvero lungo e spazia dai piatti della tradizione istriana della mia famiglia, come la jota o i fuzi ai grandi classici italiani".

Li saprebbe cucinare?

"Certo, a casa mia sono io quello che cucina! Anche se i risotti di mia madre, quelli no, non riuscirò mai a farli come i suoi. È una sfida persa".

Ha praticato la musica fin da piccolo: era questo il suo sogno?

"La musica è sempre stata parte della mia vita. Per me, figlio di emigrati, un modo per integrarmi. La musica parla un linguaggio universale. Poi è diventata una passione. Ho studiato filosofia e dopo anni nella ristorazione oggi mi sento fortunato a poter portare avanti questa passione, scrivere canzoni ed esibirmi sui palchi".

Come è stato l’incontro con la Terza Classe?

"È avvenuto on the road, prima a Napoli, mentre si stavano esibendo per strada, poi in tv e infine in una loro tournée in America. Ho pensato fossero davvero cool e siamo entrati in sintonia da subito. Suonate country e bluegrass: in cosa consiste? È il genere che più rispecchia l’America più vera e viscerale. Racconta uno stile di vita, fatto di convivialità e comunità. Bluegrass è la musica che va di pari passo con il vero BBQ Usa Style, quelle cotture lentissime e a bassa temperatura che rappresentato la tradizione culinaria più autentica degli USA. Credo che oggi l’Italia sia pronta a conoscere la vera America, per questo ho voluto portare in tour il nostro Bluegrass e ho aperto a Milano il primo Joe’s American BBQ, al primo piano del Mercato Centrale Milano".

Chi è il vero Joe?

"Sono sempre il vero Joe. Ma, come dicevo, è quando suono, che riesco a mostrare la mia anima. Senza filtri. Anche se di filtri ne ho pochi".

Quali memorie ha della sua infanzia nel Queens?

"Tante. Infatti ci ho scritto un libro (Giuseppino, ndr) e uno spettacolo che ho portato a Teatro a Milano nel 2017: Vino Veritas. È stata la mia infanzia a rendermi l’uomo che sono oggi. Anche se all’epoca mi vergognavo delle mie origini italiane e ho fatto di tutto per allontanarmi dalle mie radici, ho capito che quella strada era invece parte di me e l’ho accettata e seguita. Io sono un fiero prodotto dell’immigrazione".

Che ricordi ha dei racconti dei suoi sull’Istria e sul viaggio verso gli Usa?

"Ricordi duri, dolorosi. Di chi ha vissuto la guerra e sofferto fame e povertà. Devo davvero tutto ai miei nonni, alla nonna Erminia che è stata una seconda madre per me, alla sua forza e al suo coraggio di andare dall’altra parte del mondo a cercare un posto migliore per la sua famiglia. In Giuseppino ho raccontato la storia della mia famiglia, una famiglia di esuli istriani, raccontando un destino comune a molti, di cui si parla poco".

Acquistare terre in Italia, produrre vino, è stata una sorta di rivalsa?

"È un modo per poter offrire ai miei figli un posto in Italia da poter chiamare casa. Desideravo avessero legami e radici in Italia. E poi sono da sempre un amante dei vini Italiani, credo che il vino ci insegni molto, abbassi il nostro ego. Noi possiamo solo partecipare al ciclo di vita del vino, che potrà rimanere, in eredità ai miei figli anche quando non ci sarò più".

Sua madre, Lidia, è una donna speciale. Che rapporto avete?

"È una grande fonte di ispirazione per me. C’è sempre stata. Ho imparato tanto da lei, donna, chef, autrice, ristoratrice che con le sue forze è riuscita ad emergere in una durissima New York dei primi anni ’70. Tra le tante, forse la lezione più grande è che impegno, costanza e duro lavoro sono gli ingredienti del successo".

L’anno trascorso a Wall Street le ha insegnato a essere più coraggioso?

"Sì, certo. Ma io sono cresciuto accanto ad un vero Restaurant Man, mio padre Felice. Per lui un dollaro risparmiato era un dollaro guadagnato…"

Musica come sfogo o come complemento della propria personalità?

"Scrivo spesso pensieri, riflessioni, melodie quando sono in giro per il mondo, da solo, in hotel, in aereo o su un set. È come una terapia per me ed è per questo che le canzoni mi rispecchiano in maniera così viscerale".

Ha conosciuto tante persone note. Chi ricorda con maggiore affetto?

"A parte Bruce Springsteen, di cui sono amico, ma David Bowie e Papa Francesco mi sono rimasti nel cuore".

Quali sono i suoi autori preferiti?

"J.D. Salinger, senza dubbio. Il giovane Holden è sicuramente il libro che mi rispecchia di più. Quando è in volo legge o ascolta musica? Musica: l’ascolto sempre. Scrivo, penso e guardo molte serie tv: sto finendo l’ultima stagione di Gomorra…non spoileratemi niente!".