di Luca Bolognini Come piazza Tienanmen in Cina. Come il massacro di Sharpeville in Sudafrica. Come le cariche contro chi marciava a Selma negli Stati Uniti. La Bloody Sunday di Derry, nell’Irlanda del nord, si è consumata in meno di dieci minuti, ma ha cambiato i successivi 50 anni e il mondo. La foto del corpo senza vita di Jackie Duddy – che viene portato via da alcuni manifestanti mentre il reverendo Daly alza un fazzoletto intriso del sangue del 17enne, come se fosse una bandiera bianca improvvisata – è uno di quegli scatti che raccontano da soli l’orrore di un’epoca. Come la ragazza del Napalm. Come l’esecuzione di Saigon. Come il miliziano spagnolo. Il 30 gennaio del 1972 gli attivisti per i diritti civili nordirlandesi avevano deciso di manifestare a Derry, come la chiamano loro (o Londonderry per gli inglesi), contro l’operazione Demetrius, che l’anno precedente aveva portato ad arresti di massa e incarcerazioni senza processo di tutte le persone sospettate di essere fiancheggiatrici dell’Ira. Le autorità avevano negato il permesso a scendere in pizza, ma questo non aveva fermato i manifestanti, prevalentemente cattolici, che – venuti in contatto con i soldati britannici – avevano iniziato a lanciare pietre. L’esercito aveva risposto coi cannoni ad acqua, i gas lacrimogeni e sparando proiettili di gomma. A questo punto un comandante dei paracadutisti disse di arrestare solo i violenti, senza inseguire gli altri. Un ufficiale ignorò la seconda parte dell’ordine e i suoi uomini sfondarono una barricata. A questo punto, come ricostruì un’inchiesta ufficiale del governo britannico del 2010 durata 12 anni e costata oltre 170 milioni di euro, "era impossibile distinguere i manifestanti pacifici da quelli rivoltosi". La carneficina durò appena dieci minuti. Ventuno soldati esplosero 108 colpi. Tredici persone morirono quel giorno, un’altra poco dopo a causa delle ferite riportate. La prima ...
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