Trasporti e Covid, Cauda: "Metro e bus pieni un pericolo. Mascherina così non protegge"

L’infettivologo Cauda: bisogna far rispettare l’occupazione all’80% e se possibile abbassarla

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"Evitare gli assembramenti e rispettare le misure di prevenzione è essenziale. Il trasporto pubblico urbano è un settore chiave nella diffusione (del Coronavirus, ndr), perché porta tutti i giorni un numero molto elevato di persone al lavoro, a fare shopping o a scuola. Meglio sarebbe ridurre l’occupazione sotto l’attuale 80%, perché più riduci la capienza, più abbassi il rischio. Ma se non è proprio possibile farlo per mancanza di altri mezzi, che almeno questa soglia sia fatta rispettare rigorosamente, perché altrimenti, su bus e metropolitane pieni, le mascherine a bordo non bastano più". Così Roberto Cauda, professore ordinario di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e direttore Unità Operativa Complessa Malattie Infettive del Gemelli.

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Professor Cauda, le mascherine non garantiscono la sicurezza a bordo di un bus?

"In condizioni normali, proteggono piuttosto bene, anche se il rischio non può essere azzerato. Ma vanno portate in modo corretto. Se sono indossate male, e molto spesso accade, oppure se il tasso di riempimento dei mezzi pubblici è molto elevato, le mascherine non possono fare miracoli. Per arrivare a una efficacia davvero alta le mascherine devono essere associate a un minimo di distanziamento".

Dove nasce la catena di trasmissione di questa seconda ondata? L’Iss dice che l’80% dei contagi avviene in famiglia. Ma dove l’ha preso il Covid chi lo porta in famiglia?

"Il virus si muove sulle gambe degli uomini e delle donne. Quando non ci muovevamo, il virus si è lentamente ridotto come diffusione scendendo a livelli bassi. La svolta è avvenuta questa estate, quando la mobilità anche tra regioni è aumentata e sono parecchio cresciute le occasioni di socialità. A essere stati contagiati sono stati soprattutto i giovani: la riduzione dell’età media dei positivi è un fenomeno diventato evidente a fine agosto. E questo pone un problema ulteriore. Le nuove generazioni hanno una forte attività sociale, che è continuata quando sono tornati in città. Oltretutto, i giovani sono molto spesso asintomatici, pur avendo magari una carica virale alta. Così, del tutto inconsapevolmente, hanno portato il contagio in famiglia, dove avviene oggi l’80% delle infezioni note, che sono poi i due terzi del totale".

Quanto il virus si diffonde per via aerea e quanto per il contatto con superfici infette?

"Principalmente la trasmissione avviene per via aerea, l’altra via è possibile, ma francamente non rilevante".

Che ne pensa dell’idea di utilizzare largamente i Covid hotel per gli asintomatici in isolamento fiduciario domiciliare?

"È un’opzione che andrebbe utilizzata molto di più. Laddove in famiglia non sia possibile garantire il distanziamento, i Covid hotel sono sicuramente una buona soluzione, che potrebbe essere largamente utilizzata anche per i pazienti guariti ma ancora positivi che vengono dimessi. Questo ridurrebbe il rischio di contagiare le famiglie".

Pensa che le misure prese dall’ultimo Dpcm e quelle annunciate da alcune regioni saranno sufficienti o servirà ben altro?

"Non sono un indovino, però vedendo la crescita e la sua velocità è probabile che si arrivi anche in altre regioni a misure come quelle prese da Lombardia, Campania, Lazio, Liguria e Piemonte, e magari si vada anche oltre. A mio avviso il problema adesso sono le città metropolitane, dove è possibile che servano misure ad hoc".

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