Messina Denaro al 41-bis: cosa prevede il regime di carcere duro

Il boss è stato trasferito nel penitenziario dell'Aquila, la 'fortezza' del regime detentivo speciale dove fu detenuto anche Riina. La questione delle cure oncologiche

Roma, 17 gennaio 2023 - Matteo Messina Denaro, arrestato ieri dopo 30 anni di latitanza, è stato trasferito nel supercarcere dell'Aquila. Il penitenziario abruzzese accoglie oltre 100 detenuti al 41-bis, ciò che aspetta anche il boss di Cosa Nostra: il regime prevede l'isolamento completo, nonché diverse limitazioni che riguardano l'ora d'aria, le visite, o gli oggetti che il detenuto può tenere in camera.

Matteo Messina Denaro in una cella di 10 metri quadrati. La sua giornata nel supercarcere

Una veduta del carcere dell'Aquila, 17 gennaio 2023 (Ansa)
Una veduta del carcere dell'Aquila, 17 gennaio 2023 (Ansa)

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Cosa prevede l'articolo 41-bis

Il regime di 'carcere duro' è stato introdotto dall'articolo 41-bis della legge n. 663 del 1986, detta anche legge Gozzini. La norma prevede la possibilità per il ministro della Giustizia di sospendere l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti in casi eccezionali, che riguardano soprattutto gli autori di reati in materia di criminalità organizzata. Il 41-bis si applica a singoli detenuti, e mira a ostacolare le comunicazioni degli stessi con organizzazioni criminali, sia all'interno del carcere, sia all'esterno. Perciò prevede, tra altre cose, l'isolamento completo del carcerato, con ora d'aria e visite limitate, nonché sorveglianza ininterrotta da un reparto speciale del corpo di polizia penitenziaria. Secondo la normativa vigente, la durata del provvedimento ministeriale è di 4 anni, ma c'è la possibilità di proroga "quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno". Infatti, in base ai dati statistici, la misura è 'imbutiforme', nel senso che il numero dei soggetti che vi fanno ingresso annualmente è molto maggiore del numero di quelli che ne escono. In generale, il 41-bis è applicato per periodi molto lunghi: non sono rari i casi di soggetti sottoposti al regime da più di vent'anni. 

Il provvedimento è stato introdotto all'indomani delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, per rispondere a un grave problema della pena detentiva: i mafiosi incarcerati continuavano a esercitare il loro ruolo di comando anche dalla prigione, impartendo ordini e direttive agli associati in libertà. Ma l'articolo 41-bis è fra i più controversi del sistema italiano: diverse organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International, si oppongono al regime, definendolo "crudele, inumano e degradante" in certi casi. La Corte costituzionale è stata chiamata più volte a esprimersi sulla sua legittimità, che tuttavia non ha mai censurato. 

Le cure oncologiche

Infatti, sono stati sollevati dei dubbi sull'adeguatezza del carcere duro tenendo conto delle condizioni di salute precarie di Messina Denaro. "In generale per le persone recluse, anche quelle in regime speciale, sono previsti luoghi dove possono essere curati, comunque seguiti con le garanzie delle cure necessarie", rassicura Daniela De Robert, garante nazionale delle persone private della libertà. "La continuità terapeutica in carcere è garantita a tutti i detenuti, a prescindere dalla gravità della pena o dal regime cui sono assegnati - sottolinea all'Adnkronos - Gli istituti penitenziari sono attrezzati in tal senso". Il carcere dell'Aquila è stato scelto per una serie di ragioni, ma il fattore decisivo era la presenza in città di un centro oncologico ospedaliero di buon livello. Il boss mafioso è già stato affidato alle cure dei medici della Asl che operano all'interno del penitenziario, dotato di una cella adibita a infermeria, e comincerà la chemioterapia nelle prossime ore. Secondo quanto si è appreso, sarà direttamente il primario Luciano Mutti a gestire in presenza le delicate cure. Non ci saranno, insomma, almeno in questa fase, trasferimenti verso l'ospedale San Salvatore del capoluogo. A sovrintendere sull'operazione e sulle procedure anche il garante abruzzese per i detenuti, Gianmarco Cifaldi

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Il carcere di massima sicurezza

La Casa Circondariale dell'Aquila è il carcere con il più alto numero di detenuti al 41-bis in Italia. È di fatto in mezzo al nulla, è una isola detentiva lontano dal resto della città. Ciò ha favorito la sua costruzione e destinazione sin da subito a carcere di massima sicurezza. Da una capienza iniziale di 150 detenuti si è poi passati ad un massimo di 300, compresi i carcerati comuni. Ora ospita dodici donne - essendo l'unico penitenziario con la sezione femminile per il regime 41-bis - e circa 160 maschi e prevede anche aree riservate.

Non ha mai dato vita a particolari episodi, proprio per la sua rigida e ferrea gestione. All'inizio degli anni duemila furono gli stessi agenti penitenziari a scioperare per la difficile vita interna e per l'adeguamento degli organici, anche perché la struttura in quegli anni si gonfiò di detenuti pericolosi dopo la chiusura di Pianosa e Asinara. Qui fu trasferita e sta tuttora Nadia Desdemona Lioce, l'irriducibile delle nuove Brigate rosse condannata all'ergastolo per gli omicidi D'Antona e Biagi. Nel supercarcere sono stati ospitati detenuti eccellenti come il boss mafioso Leoluca Bagarella - che sconta l'ergastolo per strage -, Raffaele Cutolo della Nuova camorra organizzata, l'esponente dei casalesi Francesco Schiavone detto Sandokan, l'esponente della Mala del Brenta Felice Maniero. E qui fu detenuto anche Totò Riina