Trent’anni di difficili rapporti fra la (già devotissima) famiglia Claps e la Chiesa locale si sono acuiti ieri mattina quando una dimostrazione fuori dalla Santissima Trinità – organizzata da Libera – ha accompagnato la Messa che all’interno riapriva alle celebrazioni religiose quella che è stata per diciassette anni la tomba di Elisa, uccisa il 12 settembre 1993 da Danilo Restivo e le cui ossa riapparvero solo il 17 marzo 2010: sulla parrocchia di via Pretoria e sull’episcopato potentino si è più volte alzata l’accusa di omertà, soprattutto per il comportamento di don Mimì Sabia (deceduto nel 2008). Ieri mattina la forte contestazione l’ha vissuta l’attuale capo della diocesi, monsignor Salvatore Ligorio, accolto dal grido "Vergogna, vergogna" urlato da centinaia di persone che hanno superato di gran lunga i fedeli radunati per la liturgia nell’antico tempio romanico.
La chiesa era stata riaperta al culto il 24 agosto e la famiglia Claps aveva già protestato per la vicinanza al trentesimo anniversario della morte di Elisa. Ieri il vescovo ha giustificato la celebrazione della Messa dicendo dall’altare di avere "ricevuto un mandato preciso da Papa Francesco quando mi ha ricevuto di persona: riaprire la chiesa e farla ritornare a essere un luogo di preghiera". Al che, sul sagrato, ha replicato il fratello della vittima, Gildo Claps: "Questa chiesa potrà riabilitarsi solo quando farà i conti con la vicenda di Elisa. Il problema è nella curia potentina: chiedano scusa per ciò che è accaduto, soprattutto dopo il ritrovamento del cadavere di mia sorella. Papa Francesco prenda in mano la situazione". I manifestanti agitavano un volantino con una foto sorridente di Elisa e la scritta: "Portami ovunque ma non in questa chiesa".
La Claps in quella dolce mattina del settembre lucano aveva appuntamento col suo carnefice proprio alla Santissima Trinità. Don Mimì continuò per tutta la vita a dire che Elisa non si era vista e che non conosceva Restivo, ma in realtà era amico della famiglia di Danilo. E sul ritrovamento pesa la dichiarazione di una donna delle pulizie, messa a tacere dalle autorità ecclesiastiche, che ben prima del 17 marzo di tredici anni fa segnalò nel sottotetto la presenza di un cranio. All’uscita, a monsignor Ligorio – che ha stigmatizzato il frastuono durante la funzione – hanno urlato "Assassini", segno di un clima surriscaldato e di una vicenda con la quale Potenza non ha fatto pace. Nella chiesa, e ciò ha indignato ancor di più i Claps, c’è ora una targa dedicata a don Sabia, "prete forte".