Giovedì 18 Aprile 2024

Mercati guardinghi E Giorgia l’ha capito

Preoccupa il ricordo del populismo giallo-verde del 2018

di Lorenzo

Castellani

I mercati finanziari sono in agitazione: in parte per il generale contesto di crisi energetica in Europa, in parte per l’instabile politica italiana che ha determinato la fine improvvisa del governo Draghi, in parte per le prospettive di vittoria di un centrodestra a trazione sovranista. Lo spettro del 2018 è ancora vivido nella memoria della finanza internazionale con l’accordo tra Lega e Movimento 5 Stelle intorno un contratto di governo pieno di promesse roboanti, e il braccio di ferro di Salvini con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla nomina del ministro dell’Economia.

All’epoca la Lega aveva proposto l’euroscettico Paolo Savona, giudicato inadeguato dal Quirinale per le sue corrosive idee sulla moneta unica. Se si risale ancor più indietro, dal governo Monti a oggi tutti i ministri dell’Economia sono sempre stati di comprovato orientamento europeista. Giulio Tremonti tornerà in Parlamento con Fratelli d’Italia, ma una sua nomina come ministro dell’Economia andrebbe in controtendenza rispetto alla “regola” imposta dal Capo dello Stato. Tremonti è un pensatore raffinato, ma decisamente caustico con la finanza internazionale e consumato dai suoi scontri passati con l’Unione europea. È chiaro che, nel mezzo di un’altra crisi economica internazionale, Mattarella non cambierà indirizzo rispetto al 2018. Dunque, anche se le elezioni venissero vinte nettamente dalla coalizione di centrodestra a trazione euroscettica, non sarà possibile per il futuro premier indicare un ministro dell’Economia con caratteristiche differenti dai suoi predecessori. Oggi l’atteggiamento della haute finance rispetto a Fd’I è attendista, Meloni non ha mai imbracciato la battaglia no-euro, non c’è su di lei lo stigma delle Borse, è un leader nuovo e poco conosciuto da quei mondi. Dunque, per i mercati la posizione è "aspettiamo e vediamo".

Più preoccupazione in questi ambienti, invece, genera l’alleato leghista sia per l’esposizione di Matteo Salvini con la Russia che per i trascorsi antieuro. Insomma, Meloni, se sarà premier, dovrà cancellare il ricordo del 2018 e tenere a bada gli alleati per guadagnare credito sui mercati. Che la leader di Fratelli d’Italia abbia iniziato a tenere conto di questi argomenti è abbastanza palese: nella sua recente intervista a Reuters ha definito Fabio Panetta, attuale membro italiano del board della Bce, una "figura di alto profilo" lasciando intuire che sarebbe disponibile a indicare lui come titolare del dicastero economico. Lui, o per lo meno un profilo simile al suo, visto che l’Italia farebbe bene a pensarci due volte prima di mettere in discussione la propria rappresentanza nel board della Bce. Per Giorgia Meloni una scelta di questo tipo significherebbe aver imparato dalla storia e compreso la realtà. Più in generale, ciò che attende la destra è la cucitura di una tela nuova: il potere democratico va accoppiato al potere governativo e istituzionale, che significa unire promesse politiche e vincoli esterni. La sfida più complessa sarà quella di tenerli insieme senza crollare. La casella del ministero dell’Economia e Finanza rappresenta un primo punto di snodo fondamentale per mettersi in sicurezza.