Martedì 16 Aprile 2024

Meloni si vendica della Rai E strappa Malan a Forza Italia

Nel centrodestra volano gli stracci: il volto storico degli azzurri cambia casacca. La leader di Fd’I non sosterrà la candidatura di Roberto Occhiuto in Calabria

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di Ettore Maria Colombo

La prima mossa è un fulmine a ciel sereno. Fd’I ‘ruba’ il senatore Lucio Malan, volto storico di FI, e non solo perché vicecapogruppo al Senato, ma perché azzurro e berlusconiano da sempre (o quasi, dal 1996). Malan – simpatico, arguto, colto – è pure valdese, comunità storicamente orientata a sinistra. Una "primula rossa" a destra quindi, e, anche, un decano del Parlamento in cui siede dal ’94. Malan la mette giù così nella conferenza stampa in cui annuncia l’abbandono: "Non mi sento di sostenere più col mio voto questo governo. C’è troppo poco cambiamento rispetto al Conte 2", spiega. Intorno a lui si narra che il suo telefonino bollisse fino a pochi istanti prima: Silvio Berlusconi lo ha chiamato, e più volte, per cercare di fermarlo. Tutto inutile. Dentro FI nessuno sapeva nulla, è stata una doccia gelata.

La Meloni sorride e, ovviamente, gongola. La seconda mossa è un tuono che romba da lontano. La Meloni sta per lanciare la corsa in solitario di Fd’I alle regionali in Calabria con relativa rottura del centrodestra: FI e Lega restano sull’azzurro Roberto Occhiuto, la Meloni punta su Wanda Ferro, tosta e puntuta calabrese, già presidente della provincia di Catanzaro, dotata di un bacino elettorale suo e che va pure oltre Fd’I (primo partito in regione), di cui oggi è deputata. "La candidatura di Occhiuto faceva parte di quelle regole che sono saltate", sibila la Meloni. Ma ripercussioni pesanti sono previste anche su altro. Nel definire i nuovi organigrammi Rai, facendo pesare i propri voti in commissione di Vigilanza, magari in modo trasversale e non con Lega e FI. Nel Copasir, che potrebbe essere brandito come un’arma, nelle prossime audizioni, dal presidente Adolfo Urso (Fd’I) contro la Lega e giocando con la voglia del Pd di curiosare nei suoi affari. E sul piano politico della collaborazione con gli alleati, che già era difficile di suo. Morale, a la guerre comme a la guerre – è il grido della Meloni – per conquistare leadership, voti, posizioni, potere.

La vendetta, come si sa, è un piatto che va servito freddo. Giorgia Meloni, dopo lo ‘sfregio’ subito sulle nomine del cda Rai, ha tirato fuori tutta la sua "ira funesta". Interviste, dichiarazioni, avvisi ripetuti anche ieri. "Sono saltate tutte le regole", la constatazione. "C’è chi lavora per favorire altre alleanze" e "per non vincere le prossime elezioni" il sospetto.

Intanto, nel partito azzurro, ormai, sono alle corde. Verso Coraggio Italia se ne sono andati già in diversi, altri verso la Lega, il partito è esangue, indebitato fino all’osso del collo, senza organi territoriali e apicali (non fa un congresso dal ’96), in crollo nei sondaggi, con un solo candidato in campo (Occhiuto in Calabria) che ora però rischia mentre il senatore Andrea Cangini, nome offerto a tutta la coalizione a Bologna, alla fine è saltato. Ma la "rappresaglia militare" di Fd’I non finirà. "Da mesi abbiamo la fila alla porta – spiega un esponente del partito – da FI c’è il fuggi fuggi e dai leghisti molto interesse. Noi valiamo il 20%, nei sondaggi e daremo posti per altrettanti seggi. È umano che vogliano venire da noi, no?", ride.