di Antonella Coppari "La fine è nota, la suspense inesistente", se la ridono a sinistra. La proposta presidenzialista di Giorgia Meloni arriva in aula oggi pomeriggio alla Camera e, a causa dei rapporti di forza sfavorevoli, tutto lascia pensare che ne uscirà affossata dagli emendamenti soppressivi dell’ex maggioranza giallorossa. Solo che in questo caso la fine, almeno nelle intenzioni dei proponenti, è in realtà solo l’inizio di una battaglia che ritengono di poter vincere, se non subito, neppure in tempi molto lunghi. Sì, perché l’idea di eleggere un Macron italiano – ovvero un capo dello Stato che guida il governo per 5 anni – è "la madre di tutte le riforme" non solo per Fd’I ma per tutta la destra. Meloni è nettissima: "È il momento di dire basta ai giochi di palazzo – scrive su Facebook – siano gli italiani a scegliere il prossimo presidente della Repubblica. Vedremo quanti in aula avranno il coraggio di sostenerla". Dopo lo scivolone in commissione affari costituzionali, dove l’assenza di due deputati di Lega e FI è costata la bocciatura del ddl, tanto Salvini quanto Berlusconi hanno chiamato a raccolta i propri parlamentari. Ma anche se fossero tutti presenti, non basteranno per affossare i 4 emendamenti soppressivi che i detrattori del disegno di legge hanno presentato (cui vanno sommati uno preliminare ed uno aggiuntivo). I numeri sono spietati: i renziani si asterranno, i deputati di Calenda voteranno contro: "Proporre la modifica della forma di governo a pochi mesi dalla fine della legislatura è uno spot poco serio" dicono da Azione. Tutto lascia pensare che finirà come in commissione, anche se Fd’I auspica il contrario. "Se vogliamo riforme importanti per rifondare l’Italia si deve partire dal presidenzialismo, necessario per fare le altre", sottolinea il relatore di minoranza Emanuele Prisco. Rincara il capo dei deputati, Francesco ...
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