Giovedì 18 Aprile 2024

Meloni cresce e sfida la sinistra "Draghi al Colle, ma se poi votiamo"

Da Torino a Bologna, la destra non sfonda però incassa risultati migliori degli alleati. Decisiva la Capitale

Migration

di Alessandro Farruggia

"La sinistra non festeggi una vittoria immaginaria, la partita è aperta. Ed è aperta soprattutto quella più importante, Roma. Temo per loro che l’esito del ballottaggio non sia così scontato come credono...". Giorgia Meloni è una combattente e dopo una lunga attesa a valutare i dati, scende in sala stampa con piglio battagliero. L’asse sovranista esce ammaccato dal risultato ma lei vede il bicchiere mezzo pieno.

"Devo dire che la Raggi ha conseguito un risultato di tutto rispetto e anche Calenda ha ottenuto un risultato ragguardevole", concede lisciandone gli elettori, sperando che una parte di loro scelga Michetti. Sa benissimo che vincere a Roma sarà assai dura, ma Meloni ha il dovere di crederci: è la sola chiave per trasformare un risultato deludente per la coalizione in un volano per lei. Che intanto cerca di motivare i suoi.

"Abbiamo vinto in Calabria e loro – dice – avevano cinque capoluoghi su sei e ne han portati a casa solo tre: tra due settimane il 5 a 1 potremmo scoprire che è diventato un 3 a 3. Fossi in loro sarei cauto". "Fd’I – sottolinea – è il primo partito della Capitale, ha avuto un ruolo fondamentale nella determinazione del candidato sindaco e mi pare che un centrodestra a trazione Fd’I è molto competitivo. Fd’I è oggi, dati alla mano, il primo partito del centrodestra, anche se abbiamo subito di tutto in questi giorni". E Salvini è servito.

Perché questa è la preoccupazione di una Meloni che è ancora convinta di prendersi la guida del centrodestra. Essere il partito più votato nella coalizione. Lei ne è sicura. E per questo dice: "Sfido Letta: votiamo Draghi al Quirinale e poi andiamo a votare subito". Il sogno sarebbe capitalizzare il consenso, evitando la parabola di Salvini che dopo le europee sembrava pronto a prendersi il Paese, e ora è in netto calo.

Per Fd’I i dati dal territorio sono quasi ovunque (Napoli esclusa, dove cresce ma non va oltre il 4,4% e la stessa Calabria dove la vittoria della coalizione è figlia dell’exploit di Forza Italia) buoni o discreti. A Roma, sottolineano i suoi, alle comunali Fd’I aveva il 12,3%, alle europee era scesa al 9,5% e ieri veleggiava sul 17,7%. "Roma – dice il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli – è la casa natale di Fratelli d’Italia, la città nella quale il nostro movimento ha mosso i primi passi e ha iniziato a correre. E non a caso, Fratelli d’Italia è cresciuto a Roma più che in qualsiasi altra grande città".

E le buone notizie per la destra vengono anche dal Nord, dove si è registrato un travaso di voti dalla Lega a Fd’I. La Meloni è andata molto bene a Torino, dove è andata sulle due cifre: aveva l’1,47% nel 2016, ieri era attorno al 10,6%. Il partito di Salvini è invece sotto l’11% ma aveva ottenuto alle politiche del 2018 il 19,17% e addirittura il 26,89% alle europee. Voti che sono svaniti. Fd’I è andato bene anche a Milano, dove il partito della Meloni era al 2,4% alle ultime comunali, al 3,5% alle regionali e ora si attesta al 9,9%.

Anche a Bologna dove alle ultime comunali Fd’I prese solo il 2,4%, e alle regionali del 2019 era al 4,7%, ieri si è attestato al 12,6%. E pure a Trieste Fd’I è il primo partito del centrodestra. Il problema è che questo non compensa le perdite di Lega e Forza Italia. Ma da qui la Meloni riparte, ventre a terra a Roma. Se Michetti facesse il miracolo, per lei sarebbe tutta una altra storia.