Mercoledì 24 Aprile 2024

Meglio tablet o smartphone della tv Siamo un popolo di videodipendenti

Il rapporto Censis-Auditel: impennata dei contenuti visti sulla Rete, ma resistono i palinsesti generalisti

di Piero

Degli Antoni

Siamo un popolo di guardoni. Aspettate, no, cosa avete capito: noi italiani guardiamo un sacco di tv, siamo un popolo di teledipendenti. Storicamente il nostro Paese è sempre stato in cima alla classifica che conteggia le ore viste pro capite. Le ultime rilevazioni davano 4 ore al giorno a testa. Ma lo scenario prospettato dall’ultimo rapporto Auditel-Censis indica che gli italiani stanno galoppando verso la tv digitale, soprattutto per la diffusione di smartphone, tablet e smart tv, questi ultimi spinti dalla seconda generazione di digitale terrestre. Si arriva così all’incredibile cifra di quasi 120 milioni di schermi presenti nelle case italiane, cioè 5 schermi per ogni famiglia.

I nuclei connessi sono il 90,2% del totale, e quasi il 60% possiede una connessione sia fissa sia mobile. Attenzione, però: gli apparecchi televisivi sono solo, per modo di dire, 43 milioni (15 milioni di smart tv). Il resto è composto da smartphone, tablet, pc. Gli smartphone sono 48 milioni, il resto pc e tablet. La televisione cosiddetta lineare – in parole semplici, la tv tradizionale, che si segue secondo la programmazione prestabilita – la fa sempre da padrone, però con una minoranza piuttosto ampia che la segue sì, ma attraverso gli apparecchi elettronici: sono 4 milioni gli italiani che guardano, per dire, Ballando con le stelle, non sulla tv tradizionale, ma attraverso internet: forse perché non sono in casa, forse perché qualcuno si chiude in camera per una fruizione solitaria, forse perché in certi casi l’allacciamento all’antenna neppure c’è.

Ma gli apparecchi elettronici servono soprattutto a costruirsi un palinsesto personale costruito con i prodotti on demand: 13 milioni di italiani guardano le varie piattaforme in streaming, mentre 3,5 milioni scaricano anche i film. Non tutti però usufruiscono delle piattaforme a pagamento: ricordiamoci che, Raiplay in testa, esistono anche le piattaforme gratuite che permettono di (ri)guardare ciò che è già andato in onda.

Gli italiani che pagano per vedere sono quasi il 50% (48,4%), il resto usufruisce appunto di quello che si può streamingare (esiste?) gratis. Naturalmente non sono tutti canali e fiori. Esiste anche una vasta porzione del Paese, il 10% delle famiglie, che non ha una connessione (quasi tutti anziani), mentre il 30% ha solo quella mobile, quindi poco adatta alla visione. Questi devono accontentarsi della tv tradizionale – che comunque ormai ha più di un centinaio di canali a disposizione. In ogni caso, la tv resta centrale nella vita delle famiglie italiane – soprattutto dopo il covid – come d’altronde è sempre stato.

Le ragioni sono molteplici: la tv generalista italiana è da sempre la più ricca d’Europa, con un’offerta che non ha confronti: ormai i grandi canali sono almeno nove, con un’offerta di film, fiction, sport e show che non ha confronti con gli altri Paesi. L’italiano ha una tradizione di consumo di spettacoli teatrali e cinematografici inferiore ai grandi Paesi europei, così come l’indice di lettura è tra i più bassi d’Europa. La ricchezza della nostra tv generalista negli anni ha conquistato sempre maggiori fette di mercato a scapito appunto di teatri, cinema, libri, giornali. Con l’avvento delle piattaforme a pagamento l’offerta si è moltiplicata in modo smisurato e senza richiedere investimenti eccessivi: oggi l’abbonamento a piattaforme come Netflix può essere diviso con gli amici riducendo la spesa a pochi euro al mese. Siamo tutti Alice nel Paese della Televisione.