Meglio la neve o i termosifoni spenti?

Viviana

Ponchia

Sarà un disastro, moriremo tutti. La guerra, il gelo. Farà freddo come nel 1709, quando la Pianura Padana fu ibernizzata a meno quaranta. Come nel maledetto novembre del ’44 rimasto l’incubo del partigiano. Il generale inverno che ha già fatto fuori Napoleone e Hitler ci metterà in ginocchio a venerare un termosifone spento, a negoziare cucchiaiate di zuppa calda. L’avversario è diabolico, compra la coperta termica che ti conviene. L’incognita pesante. Cioè? Di pesante ci sono appunto solo la coperta usata una notte e poi mai più per l’effetto sauna.

E le bollette, che non calano malgrado le previsioni apocalittiche siano state smentite. Meno consumi, stoccaggi ancora pieni, l’alito di una strana primavera su tutta l’Europa (quella sì preoccupante). Il costo del gas scende, all’ingrosso è quasi arrivato ai livelli pre bellici. Non è ora di fare festa? No, restiamo davanti al termosifone con la zuppa in mano, come topolini segnati dalla scossa elettrica sul pezzo di formaggio. Siamo vivi, sopravvissuti allo shock energetico ma perplessi. Non è più chiaro chi sia il nemico.

Al Nord ci sono 12 gradi e il generale è un soldatino piagnucoloso che spruzza nebbia anticiclonica. Le mimose fioriscono con tre mesi di anticipo e bisogna capirle. Le cipolle come sempre si tengono sul vago ma l’evidenza non si può negare: in Sicilia fanno il bagno ed è normale, meno che lo facciano a Rapallo. E le bollette sempre piantate lì, come se fosse in corso una glaciazione. È il momento dei "se". Se finisce la guerra in Ucraina, se la Russia non decide di chiudere i rubinetti, allora forse nei prossimi mesi ne parliamo. I costi caleranno, ma non tanto in fretta. Già. Il tempo di svoltare dentro la prossima emergenza, il caldo anomalo di maggio, quando a minacciare la nostra serenità e i conti sarà l’incognita dell’aria condizionata. E via così, uno spavento dietro l’altro.