Martedì 23 Aprile 2024

Meglio Draghi premier o al Colle? Il nuovo bipolarismo all’italiana

La corsa al Quirinale divide i partiti in due schieramenti. Molti parlamentari temono per la poltrona

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di Ettore Maria Colombo

Un po’ per celia e un po’ seriamente, si può dire che oggi sia nata una nuova forma di bipolarismo "all’italiana". Da un lato c’è il ‘partito’ di chi vuole mandare Draghi al Quirinale e, dall’altro, quello di chi vuole lasciarlo dov’è ora, cioè a palazzo Chigi. Rispetto per gli elettori – e pure per i 1.009 grandi elettori, che dovrebbero decidere a metà gennaio, il successore di Sergio Mattarella – meno di zero.

In ogni caso, enumerare i due partiti è compito, relativamente, facile. Il partito di chi vuole far ascendere Mario Draghi al Colle è composta da: 1) Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia; 2) Matteo Salvini e la Lega (solo a giorni alterni, però); 3) Giuseppe Conte e pezzi del M5s (ma non tutti). Il partito di chi vuole lasciare Draghi dov’è, invece, è composto da 1) il Pd di Enrico Letta; 2) Forza Italia di Silvio Berlusconi (non tutti, però); 3) pezzi di M5s, LeU, il Misto e tutti i peones. Infine, dulcis in fundo, c’è Iv di Matteo Renzi.

Più complicato, invece, spiegare le motivazioni di queste scelte. La Meloni è relativamente facile da interpretare: vuole mandare Draghi al Colle perché scommette su un après moi le déluge: dopo il trasloco al Colle, nessun altro governo sarebbe possibile, ergo si andrebbe a votare in via anticipata, come vuol lei. Salvini, invece, è ondivago: il giorno pari dice che pure lui vuole votare in via anticipata, il giorno dispari, invece, assicura – soprattutto ai suoi – che vuole portare a termine la legislatura.

Conte, infine, usa quella che gli indiani definivano "parlare con lingua biforcuta": ai suoi parlamentari, spaventatissimi anche solo all’idea, assicura che non si andrà a votare prima del marzo 2023, ma molti indizi fanno capire che, invece, vorrebbe correre alle urne. La sua leadership si indebolisce ogni giorno che passa, i sondaggi, per i 5 Stelle, vanno sempre peggio, la concorrenza di Di Maio si fa sempre più forte.

Dall’altra parte, nel partito di chi vuole lasciare Draghi dov’è, cioè a Chigi, ed eleggere un altro inquilino, al Colle – un qualsiasi altro, purchessia – o chiedere un bis all’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella (che non vuole saperne), ci sono, a loro volta, diversi e reconditi propositi. Il Pd teme che si vada a votare troppo presto e se ne lamenta. Ma si dice anche che Letta accarezzerebbe, come Conte, la tentazione del voto anticipato per massimizzare gli esiti delle amministrative e correre insieme ai 5 Stelle prima che Conte salti. Dentro la pancia dei grillini, pure, il voto anticipato è visto come una bestia nera, un "vade retro, Satana": sanno che non torneranno a sedere in Parlamento più della metà di quanti sono oggi. Anche in Italia Viva si teme il voto, ben sapendo che, col 2%, sarà dura tornare a sedersi a Palazzo. Idem sentire dentro FI, sia perché le residue speranze di Silvio Berlusconi di ambire al Colle andrebbero in frantumi, sia perché sfumerebbero tanti posti. La poltrona è il principale timore dei parlamentari peones di tutti i partiti, specie quelli del Misto. Chi vincerà? Troppo presto per pronosticarlo. La cosa curiosa è che, in Italia, è come se fosse ritornato il bipolarismo, almeno per il Grande Gioco del Colle, e forse, chissà, anche per le prossime elezioni politiche, quando saranno.