Martedì 17 Settembre 2024
MARCO BUTICCHI
Cronaca

Mediterraneo tropicale Questa prima stagione con gli squali all’orizzonte Basta solo non avere paura

Quando eravamo bambini certi incontri si facevano solo nelle vacanze esotiche. Negli ultimi mesi diversi avvistamenti, l’effetto delle temperature africane.

La prima volta che approdai nel continente africano avevo sedici anni. Mi colpirono i colori, la gente, gli uomini che camminavano tenendosi per mano per dimostrare quanto fossero amici, le sconfinate savane popolate di bestie feroci. Ma soprattutto, m’impressionò il mare. Abituato al ‘mio’ Mediterraneo feci tesoro delle raccomandazioni di chi, quel mare, conosceva meglio di me. "Fai attenzione", mi dissero, "quando cammini sulla barriera corallina. Il pesce pietra non si distingue quasi. Se poi incontri delle pozze d’acqua accertati che non siano state prescelte da qualche pesce scorpione". Ma non finiva lì: il limite oltre la barriera segnava i confini del regno di squali di ogni tipo. Insomma, rituffarmi nel mio docile Mar Ligure, dopo che avevo conosciuto il rischio dell’Oceano Indiano, mi infuse tranquillità e sicurezza.

Mezzo secolo di acqua che scorre sotto ai ponti, è capace di cambiare molte cose. Non sto parlando delle sconfinate spiagge bianche africane. Laggiù, ancora, i barracuda perlustrano la barriera in branchi infiniti e il sole che viola l’acqua cristallina accende i colori del pesce scorpione. Che succede, però, se la tropicalizzazione delle acque ha creato nel Mediterraneo l’habitat ideale per specie mai viste? Così i barracuda navigano indisturbati anche lungo le nostre coste. Il pesce pietra tiene compagnia al nostrano scorfano, mentre i pesci scorpione affilano i loro aculei sulle rocce dei nostri fondali. Per non parlare degli avvistamenti, veri o presunti, di mangiatori di uomini: vengono continuamente diffuse notizie della presenza di pescecani.

Insomma, sembra che i leggendari Mari del Sud stiano colonizzando quel bacino ristretto che è il Mare Nostro. L’accesso preferito dalla fauna ittica ‘aliena’ pare essere il canale di Suez: una sorta di casello autostradale obbligatorio per pesci balestra e pagliaccio che vogliono cambiare casa. A loro sono soliti aggregarsi tipi meno raccomandabili e, se possibile, da tenere alla larga perché assai pericolosi.

Era improbabile che le calure del luglio e dell’agosto appena trascorsi non si ripercuotessero sulle temperature medie delle acque marine. Così, con ben cinque gradi in più, eguagliamo il grado di calore del Mar Rosso, considerato il paradiso della popolazione ittica per numero e varietà di specie.

Non vorrei adesso rivangare allarmismi climatico-catastrofisti, ma la mia impressione è che questo progresso globale galoppante ci stia rendendo meno facile l’esistenza: suggerire al bagnante "Faccia attenzione ai pesci pietra!", al posto del nostrano "Occhio alle tracine!", non mi pare un bell’augurio per chi vuole prendere il bagno in mare. O aggiungere alla classica raccomandazione materna "non ti spingere al largo…", uno scioccante "… perché ci sono gli squali!" non aiuterà genitori e ragazzi ad acquisire dimestichezza con il mare.

Senza cavalcare posizioni radicali, credo dunque sia opportuno riconquistare le nostre identità, meglio, le identità proprie della natura che ci circonda. Agire indiscriminatamente per stravolgere il nostro stesso habitat, si ritorce inesorabilmente contro la specie umana: lo squalo fa lo squalo da milioni di anni prima che nascesse il primo uomo e continuerà a farlo a discapito di tutti i cambiamenti climatici che l’uomo vorrà apportare a questo bel mondo.

Son passati cinquant’anni da quando, ragazzino, respiravo l’Africa eccitato dalla sua selvaggia concretezza, dalle continue sfide che imponeva. Ritrovare oggi il grande ‘lago’ Mediterraneo popolato dalle specie africane mi fa presagire una rivoluzione che non porterà risultati positivi. Mi auguro, per chi ci sarà, che nei prossimi cinquant’anni si assista a un’inversione di tendenza e dal casello di Suez i flussi iniziano a transitare in senso inverso. Altrimenti prepariamoci a vedere, negli appennini già popolati da orsi e lupi, pascolare leoni, elefanti e giaguari. Lungo le coste del Belpaese assisteremo, invece, a mattanze di squali martello e rimbalzi di pesci palla. Avremo poco da lamentarci, allora: è il miglior risultato cui potevamo anelare nella nostra rincorsa verso l’impossibile.