Sicilia, incubo Medicane: cos'è l'uragano mediterraneo. "Colpa del riscaldamento del mare"

Secondo Daniele Ingemi (Ampro) il maltempo sull'isola durerà ancora una settimana. "L'acqua è più calda di quasi 4 gradi rispetto alla media, un dato allarmante"

Ciclone Medicane, immagine del Centro internazionale di monitoraggio ambientale (Cima)

Ciclone Medicane, immagine del Centro internazionale di monitoraggio ambientale (Cima)

Catania, 27 ottobre 2021 - La Sicilia è in stato di emergenza. Il forte maltempo ha provocato ingenti danni su tutta l'area della provincia di Catania, due persone sono morte a causa dei fiumi di acqua e fango nelle strade. Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile, ha assicurato che "il sistema nazionale è presente e c'è la massima attenzione", soprattutto in previsione dei peggioramenti previsti per il fine settimana. La paura, questa volta, prende il nome di 'Medicane', uragano mediterraneo (medirreanean hurricane).

Questo fenomeno esiste da sempre nella storia della meteorologia ma solo dagli anni '80, con le prime immagini satellitari, sono iniziati degli studi più approfonditi sulle sue caratteristiche. "Sono eventi molto rari - spiega Daniele Ingemi, meteorologo Ampro - se ne registrano circa 1 o 2 all'anno". "Sono vortici - continua - che possono estendersi anche per 200km, e che rendono difficile fare previsioni". Per tirare un sospiro di sollievo, i siciliani dovranno aspettare almeno il prossimo lunedì. "All'inizio della prossima settimana - dice Ingemi - la situazione dovrebbe iniziare a migliorare lentamente".

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I rischi concreti di un Medicane

Che conseguenze può avere un uragano mediterraneo? "Dissesto idrogeologico - risponde Ingemi - esondazioni e allagamenti. Si possono formare onde altre 3 o 4 metri che, quando si abbattono sulla costa, provocano mareggiate molto difficili da sostenere per le città che si sviluppano sul mare". Ma un Medicane - chiarisce l'esperto - potrebbe non arrivare a un vero e proprio stadio di uragano. "In questo caso - spiega - i venti non sembrano raggiungere i 120 km/h in un minuto, i tempi tipici di un urgano. Più probabile che il maltempo di questi giorni arrivi ad avere le caratteristiche di una tempesta subtropicale", da non sottovalutare comunque.

I precedenti sul nostro territorio

"La Sicilia è stata colpita dall'uragano mediterraneo già negli anni 90 - continua Ingemi -.  Anche Sardegna e Calabria, in passato, sono state teatro di questo evento: regioni cirocondate dal mar Mediterraneo, dove si crea la tipica area di bassa pressione atmosferica che preannuncia le forti precipitazioni". Il raggio d'azione di un eventuale Medicane è molto ampio: Nord Africa, Israele, Siria, Turchia, tutti quei paesi che subiscono l'influsso del clima mediterraneo. E i problemi più grandi sono per le aree urbanizzate lungo la costa.

Il ciclone Medicane in Grecia

È accaduto lo scorso settembre: il ciclone ha colpito soprattutto le isole del mar Ionio. "L'isola di Itaca ne è uscita devastata. In quell'occasione abbiamo potuto assistere a un vero e proprio storm surge". È l'onda di tempesta: venti e depressione atmosferica spingono la superficie del mare verso l'entroterra, così il livello delle acque sul litorale si alza notevolmente.

Il riscaldamento del mare

Il discorso si ricollega al cambiamento climatico, in particolare al riscaldamento atmosferico. "Secondo alcuni studi - spiega Ingemi - è probabile che gli uragani mediterranei diminuiranno di frequenza, ma aumenteranno d'intensità. Questo perché l'acqua dei mari è più calda, e quindi l'energia del fenomeno è maggiore". Per capire la portata, è utile fare un confronto. "Il mar Mediterraneo - spiega ancora il meteorologo - si è scaldato di più rispetto agli oceani: è arrivato a 3 o 4 gradi in più rispetto alla media degli ultimi 30 anni. Se già 2 gradi in più sono un'anomalia importante, 4 gradi in più è un dato davvero allarmante".

Come cambia il territorio

"A livello morfologico - spiega ancora Daniele Ingemi - i cambiamenti conseguenti a fenomeni estremi avvengono su microscala. Per vedere gli effetti di un innalzamento delle acque, che è il vero timore sul lungo periodo, bisogna guardare ai prossimi 100 anni". Per affrontare con più serenità un futuro fatto di eventi climatici estremi, bisogna fare una campagna informativa migliore. "Serve - conclude Ingemi - più consapevolezza del rischio. Faccio un esempio: se una strada o un sottopassaggio sono allagati per forti piogge e io sono un automobilista dotato di Suv, non devo pensare di poter passare comunque. Altrimenti finisco bloccato, e nel caso peggiore rischio di morire annegato".

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