Giorgio Caproni, il poeta che inseguiva la luce

Il suo stile era qualcosa di onnipresente che, dalle manifestazioni della natura, si librava verso il Creato

Giorgio Caproni, poeta livornese

Giorgio Caproni, poeta livornese

*Ho conosciuto Giorgio Caproni a Viareggio nel 1987. Un distinto signore dal volto scarno e severo come i suoi versi, ma dallo sguardo dolce e penetrante. Ricordo parlammo della Luna, forse anche perché quello era l’anno a Lei dedicato. Ci soffermammo sulle infinita varietà delle sue atmosfere, sia che risplenda in mare, sia in terra. Giorgio Caproni parlava a voce bassa, scandendo bene le parole come avesse voluto rinnovarle,  rendendole più significative. Poi quello che ha fatto nelle sue poesie e nei suoi racconti, di cui fu autore in gioventù. Prose brevi e potenti, che non si discostano molto, per contenuti, dalle sue liriche. Ogni volta che lo leggevo su Nuovi Argomenti mi sembrava che nei suoi versi ci fosse tutta la forza, e forse anche qualcosa di più, dell’argomento che trattava. Pochi come lui hanno saputo ritrarre, dando alle frasi l’impeto e l’armonia della pennellata, i colori del cielo e del mare, dei boschi e della terra.

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Il suo stile era qualcosa di onnipresente che, dalle manifestazioni della natura, si librava verso il Creato. Giorgio Caproni faceva poesia anche per meglio pregare. C’è in lui qualcosa dei salmisti della Bibbia, dove quanto si dice deve essere vero, perché dettato dalla necessità di anima e cuore. In ogni sua composizione l’uomo è sempre solo, alla ricerca di quanto va inseguendo. Nella poesia “Preghiera”, dedicata alla madre, ritorna con la mente, di notte, a Livorno, sua città natale, che mai dimenticherà, e la cerca, trasfondendo in quei ritmi tutto il sentimento del ricordo e della nostalgia che può suscitare in ognuno di noi l’immagine della madre perduta.

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Non è facile parlare di un poeta come lui. I poeti bisogna leggerli, entrare nel loro mondo. Chi legge Caproni si avvedrà di farne subito parte. I suoi versi scarni, scolpiti più che scritti, divengono immediatamente nostri e con lui riusciamo a  vedere quanto fino a quel momento ci era sfuggito, o non avevano veduto poiché nascosto dall’ombra. Caproni non ama l’ombra, va sempre alla ricerca di una luce, una luce tersa, che corre verso l’infinto dei mari di Livorno e di Genova, le sue città. Non a caso soleva dire sono un genovese di Livorno. 

* Testo pubblicato su La Nazione il 7 gennaio 2012

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