Messina Denaro, l'arresto in una Palermo quasi indifferente. Con Riina festa liberatoria

La gente sospesa tra felicità e scetticismo, per molti la mafia non finirà con lui. "Un giorno storico per tutti i siciliani". "Ma tutti sapevano che stava per cadere in trappola"

Palermo, 17 gennaio 2023 - A Palermo ieri mattina pioveva. Quando ha smesso, il sole è rimasto comunque dietro le nuvole e tirava un vento freddo, un’offesa a queste latitudini. Una giornata diversa da quella di trent’anni – e qualche giorno – fa, quando il sole e 16 gradi riscaldavano la città regalandole un anticipo di primavera molto siciliano. Il risveglio, quel 15 gennaio 1993, era arrivato salutato da sirene, clacson e applausi, caroselli e feste per l’arresto del capo dei capi, di Riina Salvatore detto Totò, “u curtu”, preso dai carabinieri del Ros dopo 23 anni di latitanza. Se non fosse per il clima, quindi, una nuova primavera in anticipo ha risvegliato Palermo da un letargo durato trent’anni: nel 1993 Riina veniva arrestato e pochi mesi dopo spariva Matteo Messina Denaro, “u siccu”. Il “corto” e il “secco”.

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Le uniche cose sicure, diceva Leonardo Sciascia, sono le coincidenze. Che la latitanza di Messina Denaro sia finita esattamente un giorno dopo il trentesimo anniversario dell’arresto di Riina, sembra una di quelle coincidenze fatte apposta. All’uscita dalla clinica La Maddalena, all’arresto – sotto la pioggia – di Matteo Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, malato e “secco” come da infallibile soprannome, l’applauso ai carabinieri dei Ros è partito spontaneo. Ma è durato qualche minuto e poi tutti via, complice forse anche la pioggia. È rimasta solo una pattuglia con un paio di carab inieri circondata da un esercito di giornalisti e telecamere.

Non è più tempo di celebrazioni. Le sirene, le stesse che trent’anni fa infastidivano la quiete non sempre disinteressata della borghesia palermitana, risuonano ancora per strada, ma forse di più nei video sui cellulari. La curiosità c’è. Eppure la Palermo di oggi dice “finalmente” per sfinimento e non si illude che sia davvero tutto finito. "Ah, La Maddalena... È sicuro di voler andare lì?", scherza con finta incredulità Andrea, il tassista che dall’aeroporto Falcone-Borsellino (com’era quella storia delle coincidenze?) porta in città. Con l’aria di chi le ha viste tutte, ricorda: "Trent’anni fa c’era la fila di giornalisti a Punta Raisi che chiedevano di essere portati a Corleone". Ora è tutto diverso. E lo dice correndo veloce nel traffico della A29 davanti alla lapide che ricorda la strage di Capaci, bagnata a metà dalla pioggia.

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Ma lo dicono anche le persone alla Caffetteria San Lorenzo, a pochi passi dall’ingresso della clinica. Un giovane barista è stato fra i primi a fiondarsi fuori, smartphone al seguito, quando lì vicino è scoppiato il "casino". Era da tempo che non si vedevano scene del genere? "Mah, mi pare che ormai la vita è come un film e i film sono come la realtà – dice Roberto, il gestore –. Centinaia di carabinieri, appostamenti, inseguimenti, per uno malato che sapevano di trovare qui...". Non è indifferenza, è il millenario fatalismo di chi ne ha viste passare tante e aspetta che arrivi la prossima. Pochi hanno voglia di parlare (Roberto scherza: "Parlo solo con le tv!"). C’è chi alza le spalle, chi invece sorride. Soprattutto quelli che hanno una certa età. Comunque è una buona notizia, lo ammettono tutti. "Era ora", esulta Leonardo, un altro tassista. "Una giornata storica, bellissima per tutti noi siciliani. Almeno per quelli che vogliono vivere a testa alta e non hanno nulla di cui vergognarsi".

L’arresto di Riina arrivò otto mesi dopo Capaci, sei dopo via D’Amelio. La Sicilia era in guerra, una guerra asimmetrica dichiarata da un nemico terrorista e stragista. Ci si chiedeva – anche fra i bambini che crescevano in fretta – solo "chi sarà il prossimo?". Le manette ai polsi del corleonese, alias “la belva”, fecero esplodere la gioia e la fiducia nel futuro, fecero resuscitare la speranza di quei palermitani onesti che invece avevano ruggito la loro rabbia durante i funerali di Falcone e Borsellino.

Ma oggi? La Palermo che saluta timida e sotto la pioggia l’arresto – senza manette – di Messina Denaro, dell’imprendibile Diabolik nascosto praticamente dietro casa, è forse un po’ assuefatta. Lo ammette Aaron Pettinari, caporedattore di Antimafia 2000. "C’è soddisfazione, senso di riscatto, certo, ma c’è anche stanchezza e assuefazione, soprattutto dopo trent’anni di latitanza così. La sensazione che tutto cambi per non cambiare niente, che tanto la mafia troverà il mondo di “reinventarsi“".

E la vita inevitabilmente scorre come sempre. Dal teatro Politeama la gente esce e commenta lo spettacolo della sera ("Ma a te è piaciuto il concerto?"). Il resto della città scivola nella consuetudine. I clacson tornano a essere la colonna sonora della proverbiale “piaga“ del traffico. Quelli festanti della mattina e di trent’anni fa sono già di nuovo un ricordo.