Mercoledì 24 Aprile 2024

Mattarella vede l’uscita e prenota i saluti

Il presidente fissa già adesso le "visite di congedo" con il Papa, in Germania e Spagna. Letta: "Parliamo di Quirinale solo l’anno prossimo"

Migration

di Ettore Maria Colombo

"A quanto si apprende – recita una nota – il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà ricevuto in Vaticano da Papa Francesco il 16 dicembre per l’udienza di congedo in vista della scadenza del suo mandato il 3 febbraio 2022". La nota, in sé, appare burocratica, formale, ma non lo è. Certo, ogni volta che un settennato sta per scadere (e, al 3 febbraio 2022, mancheranno due mesi), è prassi che il Capo dello Stato in carica si rechi in visita dal Pontefice. Eppure, la nota – dove si fa sapere che, a ottobre, Mattarella sarà in visita di Stato in Spagna e in Germania, dal suo omologo tedesco, con cui ha stabilito un saldo rapporto – dice molto. Mattarella prende congedo, con una serie di visite all’estero, dai capi di Stato che ha frequentato in questi sette anni, Papa in testa.

In molti (ultimi Benigni e il cantante Mengoni) hanno detto – e molti italiani hanno applaudito all’idea – a Mattarella: "Presidente, resta con noi altri anni". Ecco, Mattarella sembra voglia così tirarsi fuori dalla ‘bambola’, già ripartita, sulla sua permanenza al Colle per altri due anni, se non di più. Eppure, Mattarella, in più occasioni, ha chiarito che il Presidente della Repubblica "non" è un Re né, tantomeno, un papa. Non vuole passare alla storia per un monarca repubblicano. Poi, nel non detto, c’è forse anche la scarsa volontà tra due anni, dopo l’eventuale bis, di trovarsi ad avere a che fare con un centrodestra che quasi sicuramente uscirà trionfante dalle politiche del 2023 – se non si terranno prima – come con un Parlamento nuovo (a 600 membri) e partiti che potrebbero contestargli di essere, ormai, un presidente dimezzato, nel 2023, perché, eletto nel 2022, da un Parlamento a 945.

La realtà è che Mattarella non vuole concedere bis e i partiti devono farsene una ragione, specie uno, il Pd, che sul bis di Mattarella ha, fino a ieri, puntato tutte le sue carte. Non che, sul tema Colle, nel Pd manchino le contraddizioni. Ieri mattina, parlando a Radio Anch’io (Rai 1), Enrico Letta ha "fatto appello a tutti i leader politici per una moratoria sul Quirinale. Del Quirinale se ne parla l’anno prossimo. Passare quattro mesi a far giochini politici è irrispettoso".

Parole rivolte all’esterno e all’interno del Pd. All’esterno, a Salvini, che ha risposto con tono sarcastico ("Letta fa tutto lui: è lui che continua a parlare di Quirinale, forse è la cannabis"), ma che di Colle si occupa un giorno sì e l’altro pure: nei giorni pari il leader leghista vuole mantenere Draghi a palazzo Chigi e spedire Berlusconi (o Pera o la Casellati) al Colle, nei giorni dispari vuole spedirci Draghi, sperando che così si vada a votare quanto prima. Esattamente lo stesso proposito della Meloni. Ma Letta ‘parlava’ anche al Pd e in particolare alla sua sinistra, quella guidata idealmente da Goffredo Bettini che, proprio come Conte (di cui è, ormai, il vero ideologo), vuole a sua volta spedirci Draghi, al Quirinale, con l’obiettivo di sfidare la destra nelle urne e ‘giocarsela’.

Propositi arditi, oltre che opposti al mainstream lettiano, che ha più volte detto di volere che Draghi resti a Chigi "almeno" fino al 2023. Ieri, Bettini, si è affrettato a dire "ha ragione Letta sulla moratoria, mi atterrò alla sua indicazione". Ma, subito dopo, aggiunge: "Il governo è, tutti i giorni, un campo di conflitti e tensioni. Draghi resti in campo, qualsiasi ruolo assuma". Tradotto: lo abbiamo candidato al Colle, speriamo ci vada.