Mattarella bis per il bene del Paese

Raffaele

Marmo

Più che un appello somiglia quasi a un grido, entusiasta e disperato insieme, quello del Leone d’Oro Roberto Benigni a Sergio Mattarella: "Presidente, resti qualche anno in più".

E, per una speciale coincidenza di ragioni emergenziali e di contesto storico-politico, mai come oggi il mostro sacro del nostro cinema finisce per dare voce a una tesi che corrisponde all’interesse nazionale.

È un giudizio ampiamente condiviso in Italia e all’estero quello che vede in Mario Draghi il candidato migliore, perché autorevole, di alto profilo istituzionale e riconosciuto come competente in molteplici ambiti, alla successione di Mattarella. Ma è ugualmente una valutazione largamente diffusa quella secondo la quale lo stesso ex numero uno della Bce è il solo Presidente del Consiglio in grado di tenere a bada l’attuale rissosa maggioranza per governare quantomeno la prima fase, quella decisiva, della gestione del Recovery Plan e condurre in porto la legislatura.

Certo, sullo sfondo si intravedono le attese e le convenienze dei partiti: con la Lega e Fratelli d’Italia, pronti a votare subito Draghi al Quirinale pur di andare alle elezioni il prima possibile, tra la primavera e l’estate del prossimo anno, e con il Pd e i grillini, disponibili a votare un altro uomo (di centro-sinistra), pur di assicurarsi un nuovo settennato per uno di loro e, insieme, la conferma del governo Draghi fino al 2023.

Nessuno dei due scenari, però, mette al centro l’interesse del Paese. E nessuna delle due prospettive può realizzarsi senza produrre ugualmente sconquassi, perché entrambe hanno il difetto di essere troppo sbilanciate sull’una o sull’altra coalizione.

La "soluzione-Benigni" rappresenta, invece, non la classica mediazione e basta, ma l’esito più convincente e favorevole per il bene dell’Italia. Mattarella permettendo.