Martedì 23 Aprile 2024

Don Barbero e le coppie gay: "Ne ho sposate 690, così mi hanno spretato"

L'ex prete, apripista dei matrimoni Lgbt, e la scelta dei vescovi fiamminghi di benedire le unioni omosessuali: "Un atto di dissobedienza profetica dal Vaticano, ma serve più coraggio"

Don Franco Barbero, 83 anni

Don Franco Barbero, 83 anni

Pinerolo, 22 settembre 2022 - Certo, la decisione dei vescovi fiamminghi di pubblicare per la prima volta al mondo una liturgia specifica per la benedizione delle coppie gay "è un atto di dissobedienza profetica nei confronti del Vaticano, speriamo che questa fiammella di speranza non venga spenta". Ma di per sé non basta, "è bene che non vi siano più discriminazioni fra omosessuali ed etero, si celebrino anche in chiesa  le nozze fra persone dello stesso sesso. Io lo faccio dal 1978, qui a Pinerolo". Don Franco Barbero, 83 anni, fin dove si sono spinti i presuli delle Fiandre c’è arrivato da tempo. Prima di andare oltre e ’lasciarci le penne’ nello scontro frontale con l’istituzione cattolica: primo in Italia a benedire le coppie omosessuali e poi ad assecondare la loro volontà di convolare a nozze cristiane ("In quasi 60 anni di ministero ne ho sposate 690"), anche per questo tipo di celebrazioni nel 2007 è stato ridotto allo stato laicale dall’allora Congregazione per la dottrina della fede. Prefetto, un certo Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI.

Vuol vedere che lei ha aperto la strada ai vescovi fiamminghi?

"È dal 1963 che lavoro con persone e gruppi omosessuali. Dopo un certo cammino con loro decisi di benedire le coppie gay, poi, sulla scorta del movimento politico e culturale Lgbt, mi sono reso conto che anche sotto il profilo teologico era necessaria una piena equiparazione. Gay ed eterosessuali devono avere lo stesso livello di presenza nella Chiesa". 

La semplice benedizione discrimina?

"A ben vedere la stessa parola ’benedizione’, in riferimento alle coppie dello stesso sesso, finisce per esprimere un grado d’inferiorità rispetto al matrimonio che la dottrina cattolica continua a riservare agli eterosessuali".

E Dio, invece?

"Lui non fa differenza fra uomini e donne, omosessuali ed eterosessuali. Ci accoglie così come siamo, con il nostro carattere, i nostri limiti, il nostro orientamento sessuale. Non possiamo dirci cristiani e lasciare il matrimonio solo a chi è in possesso del certificato di eterosessualità".

Ma non pensa che aprire alle nozze gay possa compromettere l’unità dei cattolici?

"Va superata una visione di Chiesa dogmatica e a blocco unico. Sogno una comunità cattolica in cui le realtà locali siano libere di poter intraprendere percorsi anche differenti fra loro, suscitando tensioni e confronti positivi, come ai tempi di San Paolo. Avremo delle Chiese vere, umane che non chiedono più il permesso al Vaticano per compiere passi meditati e studiati con attenzione dopo l’ascolto dei fedeli".

Come hanno fatto i vescovi delle Fiandre?

"La loro è stata una disobbedienza non contro, ma per la crescita di tutta la Chiesa".

Saranno stoppati dal Vaticano che l’anno scorso ha ribadito il suo no alla benedizione delle coppie gay?

"Il rischio c’è. Facciamo ancora troppa fatica a comprendere che il corpo, la sessualità e i sentimenti sono dei doni. Si preferisce controllarli per paura. Voglio molto bene a papa Francesco, ma anche lui sull’affettività e il ruolo delle donne resta prigioniero di catene del passato".

Che cosa significa per una coppia gay essere benedetta in chiesa?

"È un primo passo nell’ottica dell’accoglienza, dà loro la possibilità almeno di non sentirsi ecluse. Ma non basta".

Anche se ridotto allo stato laicale, lei continua a sposare partner omosessuali? "Sì e celebro anche i battesimi dei loro figli nella comunità di base in cui esercito il mio ministero.La Chiesa avrà sempre più a che fare con omosessuali, bisessuali, trans e transgender. Il loro apporto sarà un arricchimento per l’intera comunità, a patto che sapremo ascoltarli".