Mercoledì 24 Aprile 2024

Massacrato a colpi di arti marziali "Puntava le nostre donne, l’ho ucciso"

La rissa in un’area di servizio finisce in tragedia: la vittima è un 41enne, la confessione del killer ai carabinieri

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di Nino Femiani

BITONTO (Bari)

Preso brutalmente a pugni, sino a perdere i sensi e cadere sull’asfalto, sbattendo violentemente la testa. Colpito selvaggiamente con una tecnica micidiale, che intreccia boxe e arti marziali e non lascia scampo a chi ne è vittima. È morto così Paolo Caprio, imbianchino di 41 anni, un figlio di 5, ucciso all’alba di ieri durante un litigio nella stazione di servizio "Dill’s", periferia di Bitonto, lungo la provinciale per Modugno. A ucciderlo è un ventenne, Fabio Giampalmo, reo confesso, noto alle forze dell’ordine per piccoli reati: spaccio, ricettazione e furto. Ora è in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario aggravato "dall’uso di tecniche di combattimento tali da ostacolare la privata difesa".

Sono le 3 del mattino, alla stazione di rifornimento un gruppetto di giovani e donne chiacchiera animatamente. Hanno bevuto, prima di tornare a casa alcuni decidono di lasciare mogli e fidanzate sulle panche sotto un gazebo all’ingresso per tentare la fortuna alle slot machine. Caprio si avvicina con un amico alle donne, ascolta le loro conversazioni, cerca di inserirsi, forse tenta di flirtare con una di loro che probabilmente conosce. Quelli all’interno si accorgono della mossa e intervengono. Uno di essi, Fabio Giampalmo, alza la voce e prima che Caprio si renda conto di quanto stia succedendo, gli rifila tre pugni in faccia. Una scarica micidiale, l’uomo cade pesantemente a terra, batte la testa, non si muove più. Giampalmo fa un cenno agli altri e si allontana velocemente. Inutili i soccorsi dei sanitari del 118.

Il pm della procura di Bari, Ignazio Abbadessa, dispone l’autopsia e mette sotto sequestro le immagini delle telecamere di videosorveglianza del distributore di benzina. In quei video sono contenuti la dinamica dell’omicidio ed elementi utili a capire se il ventenne abbia agito da solo. L’aggressore boxer vaga a piedi nel centro storico per alcune ore, prima di convincersi a contattare l’avvocato Nicola Capaldi e consegnarsi poco dopo le 8. I carabinieri lo avevano però già identificato e cercato a casa, senza trovarlo. Agli inquirenti dà la sua ricostruzione dei fatti.

"Mentre stazionavamo sulle panche sotto il gazebo con le nostre mogli, Caprio si è avvicinato per origliare cosa stessimo dicendo e ha guardato in maniera provocatoria le nostre compagne. Guardava le nostre donne. Notata questa circostanza, io mi sono alzato, gli ho detto testualmente ‘sempre avanti e indietro devi andare? Qual è il problema?’. Così dicendo gli ho tirato tre pugni colpendolo al viso, l’ho visto cadere in terra e sbattere la testa sul marciapiede. Non pensando che sarebbe morto, sono andato via". Riferisce che conosceva solo di vista la vittima, smentendo una ruggine precedente, e che gli sarebbe saltata la mosca al naso perché aveva visto l’imbianchino parlare con la sua compagna.

Quando gli avrebbe intimato di allontanarsi, Caprio gli avrebbe rivolto uno "sguardo di troppo". "Non volevo ucciderlo. Quando ho saputo dai miei amici che era morto, ho stentato a crederci". C’è da capire perché Giampalmo, esperto di boxe e arti marziali, abbia sferrato colpi con "inaudito vigore" sapendo che le tecniche di "arti marziali miste" possono essere letali.

La vicenda di Bitonto richiama alla mente la morte del ventunenne Willy Montero Duarte ucciso, esattamente un anno fa, da Marco e Gabriele Bianchi, i due spietati fratelli spacciatori che massacrarono di botte il ragazzo intervenuto a sedare una rissa a Colleferro in cui era coinvolto un amico. Arti marziali, boxe e colpi proibiti costarono la vita anche a Nicolò Ciatti ucciso a 22 anni il 12 agosto 2017 in una rissa in discoteca a Lloret de Mar in Spagna, da una banda di tre giovani ceceni che lo ammazzò selvaggiamente a calci in faccia e pugni.