Mercoledì 24 Aprile 2024

Massacra la compagna, poi si costituisce L’avvocatessa rifiuta di difendere il killer

Pordenone, mamma di due bimbi uccisa a coltellate. Il passo indietro della legale: ho sempre tutelato le donne vittime di violenze

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PORDENONE

L’ha uccisa con almeno otto coltellate a testa e volto allo scadere della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. L’ennesima vittima di femminicidio si chiamava Aurelia Laurenti, aveva 32 anni, ex estetista, poi casalinga e mamma a tempo pieno. È stata massacrata nella casa che condivideva con il compagno a Roveredo in Piano (Pordenone), Giuseppe Forciniti, 33 anni, infermiere professionale. I due figli, di 8 e 3 anni, erano nella loro cameretta e non si sono accorti di nulla. Una tragedia non annunciata: per parenti e vicini la coppia è sempre apparsa tranquilla.

La tragedia è avvenuta alle 23.30 di mercoledì, in camera da letto. L’uomo ha colpito ripetutamente con un coltello da cucina la donna, che è morta dissanguata. Poi ha raggiunto la stanza dove dormivano i figli, li ha caricati in auto e portati dagli zii. Ha citofonato al cognato e senza spiegare li ha messi in ascensore ed è ripartito, diretto in Questura. Si è fermato soltanto per disfarsi dell’arma del delitto: il coltello è stato rinvenuto ieri mattina in un cassonetto dei rifiuti.

Quando Forciniti si è trovato di fronte agli agenti, ha simulato di essere rimasto vittima di una rapina: "Qualcuno è entrato in casa e ha aggredito me e mia moglie". Ma le mani sporche di sangue e alcuni evidenti tagli sulle braccia hanno spinto i poliziotti ad approfondire.

L’uomo è crollato dopo poche domande, ammettendo di aver colpito mortalmente la compagna. Una versione ripetuta anche durante l’interrogatorio in procura, ma arricchita da particolari in un tentativo di edulcorare le responsabilità: "Sono stato aggredito fisicamente da lei mentre eravamo in camera da letto. È anche comparso un coltello, con cui ha cercato di colpirmi. Ne è nata una colluttazione, ho afferrato l’arma e l’ho colpita una sola volta, al collo. Lei è caduta a terra e io sono scappato in stato di choc". Le sue affermazioni tuttavia non corrispondono alle risultanze della prima ispezione esterna del cadavere: la vittima è stata colpita in modo grave e profondo, almeno otto volte al collo e al volto. Per questa ragione, la Procura ha chiesto la convalida dell’arresto per omicidio pluriaggravato.

Il procuratore Raffaele Tito ha spiegato che "in modalità protetta, e con l’ausilio di psicologi, si cercherà di capire se il bambino più grande ha udito o visto qualcosa". Per poter sentire l’assassino reo confesso con le garanzie di legge, si è dovuto attendere alcune ore. L’infermiere – che lavora in un reparto Covid a Pordenone – "anche per questo sono sotto stress", le sue parole – aveva indicato, per una precedente conoscenza personale, come avvocato di fiducia Rosanna Rovere, già presidente dell’Ordine di Pordenone, una vita spesa a tutelare i diritti delle donne vittime di violenza. Ma la legale ha rifiutato l’incarico. Chiarisce al telefono il legale: "Tutti hanno diritto di essere difesi, ma devono essere difesi al meglio. Per la mia storia, umana e professionale, non sarei stata serena. Così ho preferito rinunciare, nell’interesse suo". Questa decisione può costituire un precedente? "No, assolutamente. Ribadisco: la nostra è una libera professione, che dev’essere esercitata senza condizionamenti".