Senza mascherine all'aperto: inno alla libertà pensando ai versi dei poeti

Da oggi niente più obbligo. Una riflessione di Roberto Pazzi tra cronaca e letteratura

Roma, 11 febbraio 2022 - Nunc est bibendum. Camminando questa mattina mi veniva sempre in mente l’ode in cui Orazio esorta gli amici a brindare alla vittoria di Azio su Cleopatra, la regina che aveva fatto temere Roma di perdere la libertà. E quanto ci ha fatto tremare il Coronavirus? Quanto ci ha fatto temere di aver perso il gusto della vita, prigionieri della paura? Divisi come guelfi e ghibellini, quasi in guerra civile fra opposte fazioni, fra amici pro vax e amici no vax.

Ma “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole / anzi d’antico”, che stamattina vagando per la mia Ferrara, per il puro piacere di muovermi senza vincoli, mi baciava il volto liberato finalmente dalla mascherina che mi faceva appannare non solo gli occhiali, ma la voglia, sì, proprio la voglia di vivere.

Perché la Vita si levava dal letto di malata, come l’amica risanata di Foscolo imparata al liceo. “Sì dolce, sì gradita/ quand’è com’or la vita?”, ecco anche Leopardi venirmi in soccorso con La quiete dopo la tempesta. Non la finiva più di cantarmi dentro il sì alla Vita. Non una, ma cento poesie mi sgorgavano in petto, questa mattina così diversa, questa davvero santa mattina di una religione della Vita, camminando per la mia amata città. Fissavo i ferraresi liberati dalla mascherina, li contavo, li spiavo. Le paure sono rapide a venire, lentissime a passare. Certi posti dove c’è stato il terremoto, la gente per decenni non riesce più a scordare, sempre pronta a fuggire.

E anche oggi non tutti l’avevano tolta, la loro brava mascherina. I giovani non l’avevano più addosso, mentre una buona metà dei più anziani la teneva ancora appiccicata al volto. Allora, incontrando una cara amica, fermandomi a salutarla, non ce l’ho proprio fatta a tacere e l’ho apostrofata: - Perché la tieni ancora, Rosanna? Da oggi non si porta più!- - Dici? Ma dai, son vecia … non si sa mai – E poi se l’è tolta, con un sorriso di vaga contrizione. E a me è sembrato di aver fatto opera meritoria, di aver aiutato l’aria, il vento, il sole.

Così è stato dal fornaio, dove comperando il pane ferrarese, la coppia all’olio, e la torta di riso per festeggiare come fosse già domenica, mi sono accorto che le due commesse nemmeno mi ricordavano più di tenerla, la mascherina, nonostante l’obbligo di tenerla all’interno permanga. Uscendo, sgranocchiando per la strada un cornetto del pane, che mi pareva più buono degli altri giorni, mi son messo a fissare con aria di sfida le persone che passavano ancora mascherate. E mettevo nello sguardo compiaciuto, quasi provocatorio, la mia consumata tentazione di andare contro corrente sempre, corroborata una volta tanto dalla certezza di essere nel giusto. Arrivato nei pressi del Castello Estense, guardavo le pietre rosate, che da Settecento anni stanno là, vicino a casa mia, e mi pareva di poter parlare con le ombre di Ariosto e Tasso, i grandi ferraresi che avevano attraversato le guerre di invasione dell’Italia e i tormenti della Controriforma.

Ce l’abbiamo fatta anche questa volta, amici miei, potrò andare a casa a scriverla questa nuova vittoria, non su spagnoli o francesi, non contro sensi di colpa e paure del peccato. E andato a casa, più tardi, mi sono messo a rileggere un’”ode all’aria”, scritta nel pieno della pandemia più opprimente, quando sognavo di camminare di nuovo nella mia città come questa mattina, innamorato della Vita: “E pure anche questo silenzio finirà / così l’onda innamorata / muore stremata sulla riva. / E pure perderemo i giorni bianchi / dove nessuno vende più le cose / e le cose sono, / tenere, innocenti / non sanno quanto belle. / In cielo tornato a splendere / il sole accarezza la terra, / gli uccelli solcano l’azzurro, / l’aria non li stecchisce più. / Inimitabile la vita si rinnova, / ogni mattina si aprono gli occhi / e la carne che non stringiamo più / chiama chiama, / così un dio ama. / Occorre imparare ancora l’aria, / così i pesci a fitte di memoria / ricordano il cielo in fondo al mare”.