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Roma, 11 febbraio 2022 - Nunc est bibendum. Camminando questa mattina mi veniva sempre in mente l’ode in cui Orazio esorta gli amici a brindare alla vittoria di Azio su Cleopatra, la regina che aveva fatto temere Roma di perdere la libertà. E quanto ci ha fatto tremare il Coronavirus? Quanto ci ha fatto temere di aver perso il gusto della vita, prigionieri della paura? Divisi come guelfi e ghibellini, quasi in guerra civile fra opposte fazioni, fra amici pro vax e amici no vax. Ma “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole / anzi d’antico”, che stamattina vagando per la mia Ferrara, per il puro piacere di muovermi senza vincoli, mi baciava il volto liberato finalmente dalla mascherina che mi faceva appannare non solo gli occhiali, ma la voglia, sì, proprio la voglia di vivere. Perché la Vita si levava dal letto di malata, come l’amica risanata di Foscolo imparata al liceo. “Sì dolce, sì gradita/ quand’è com’or la vita?”, ecco anche Leopardi venirmi in soccorso con La quiete dopo la tempesta. Non la finiva più di cantarmi dentro il sì alla Vita. Non una, ma cento poesie mi sgorgavano in petto, questa mattina così diversa, questa davvero santa mattina di una religione della Vita, camminando per la mia amata città. Fissavo i ferraresi liberati dalla mascherina, li contavo, li spiavo. Le paure sono rapide a venire, lentissime a passare. Certi posti dove c’è stato il terremoto, la gente per decenni non riesce più a scordare, sempre pronta a fuggire. E anche oggi non tutti l’avevano tolta, la loro brava mascherina. I giovani non l’avevano più addosso, mentre una buona metà dei più anziani la teneva ancora appiccicata al volto. Allora, incontrando una cara amica, fermandomi a salutarla, non ce l’ho proprio fatta a tacere e l’ho apostrofata: - Perché la ...
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