"Martina Patti come Veronica Panarello. Realtà trasformata in fiction"

Lo psichiatra autore della perizia sulla Panarello, che uccise il piccolo Lorys. "Entrambe hanno costruito una messinscena per coprire i due delitti"

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Veronica Panarello, mamma di Lorys, e Martina Patti, mamma di Elena. Due Medee che uccidono i figli. Ci sono punti di contatto tra di loro?

"Veronica è molto diversa da Martina. Ma su una cosa sono simili: entrambe sono in grado di partecipare consapevolmente alla trama assassina e di costruire fantasie e trame da film capaci di dare sostanza al loro alibi".

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In cosa differiscono?

"Veronica era una madre che, nella sua consapevolezza, ha generato un gesto omicidiario per imporsi al figlio che usciva dal suo orizzonte educazionale e sfidava la sua figura materna, dominante nel contesto abitativo in cui entrambi vivevano. Martina su questo punto è differente". A parlare è il prof Eugenio Aguglia, ordinario di Psichiatria all’università di Catania ed estensore con il professor Roberto Catanesi della perizia su Veronica Panarello, la mamma che uccise il piccolo Lorys Stival a Santa Croce Camerina, il 29 novembre del 2014.

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Qual è il profilo psicologico di Martina?

"Questa giovane donna si era separata dal marito, ma viveva nell’immediatezza dell’ex compagno e della sua nuova donna. Una vicinanza che creava tensione, disappunto, ossessione. Una reazione alla perdita che le procurava stress continuo e difficoltà nel coordinare in maniera lucida le proprie azioni".

Una lucida follia.

"Credo che Martina abbia fatto un percorso lucido: scava la buca, prende la bambina dall’asilo e la porta a casa, le dà da mangiare, la uccide. Poi la porta in campagna e la sotterra. È una trama lineare".

Lei, però, continua a dire: non so perché l’ho fatto.

"È una difesa molto debole perché farebbe immaginare un transitorio stato dissociativo che si manifesta in preda a una delusione o un’ansia molto elevata. È chiaro che finirà con una perizia psichiatrica, ma credo si possa dire che per il disegno messo in atto Martina si è comportata molto lucidamente".

Panarello imbastì la finta relazione col suocero. Martina il rapimento della figlia da parte di una banda.

"Ci sono momenti in cui la rabbia per l’abbandono prende il sopravvento. Quando parliamo di discontrollo degli impulsi ci riferiamo a soggetti che hanno dentro di loro una spinta che non riescono più a dominare. Poi quando la vicenda si compie, la crisi finisce e tutto torna come prima. Questo è il motivo per cui Martina ha avuto la forza di negare per un’intera giornata, continuando nella frottola del rapimento. Fino a quando la parte affettiva della donna non ha ripreso a pulsare: allora si è messa a piangere e ha confessato tutto".

Tendeva a rimuovere l’omicidio?

"Ci troviamo di fronte a un soggetto molto giovane, diventata mamma quando altri coltivano sogni di carriera, divertimento e spensieratezza. Una donna che non ha avuto il passaggio da un’adolescenza armonica a una vita di coppia adulta, in un contesto sociale dalle relazioni molto elementari. Una ragazzina di 23 anni che non riusciva a fronteggiare quello che aveva combinato se non rifugiandosi nelle fantasie".