Venerdì 19 Aprile 2024

Martin Luther King spiato a Roma Così la Cia si servì dell’Unità

I dossier desecretati sull’omicidio di Jfk a Dallas, nel mirino la visita del reverendo in Italia nel 1964. L’allarme sull’incontro con Paolo VI: i colloqui della fonte coperta degli 007 con Pintor e i giornalisti del Pci

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di Guido Bandera

"I have a dream", ma per gli americani Martin Luther King restava un pericoloso sovversivo. Il profeta del movimento dei diritti civili degli afroamericani fu seguito passo a passo dalla Cia nella sua visita in Italia grazie a informazioni di una fonte coperta ben inserita nel Partito comunista, nome in codice Deplenary7. In un grande gioco di specchi sono ancora i file dell’intelligence Usa, raccolti negli anni dell’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy e appena declassificati, a restituire (dopo i dossier su Enrico Mattei) una nuova vicenda di spionaggio.

King arriva a Roma a settembre del 1964. Sono gli anni della (apparente) distensione. A Palazzo Chigi c’è Aldo Moro, che ha lasciato la segreteria del partito per guidare l’alleanza Dc-Psi, le cui ambizioni di riforma sono già state tarpate dalla mai chiarita vicenda del Piano Solo e del presunto golpe. In questo scorcio d’estate il reverendo che sarà assassinato a Memphis meno di quattro anni dopo arriva per vedere Papa Paolo VI, a capo di una Chiesa che si sta trasformando nel Concilio. Un tour glorioso che finirà con l’attribuzione del Nobel per la pace a Oslo, un mese dopo. Un riconoscimento che segue la firma del presidente dem Lyndon B. Johnson sul Civil Right Act, prima norma contro la discriminazione. Fatti che non impressionano la Cia e l’Fbi di Edgar J. Hoover, che si scambiano rapporti sul reverendo e le sue relazioni coi comunisti, su autorizzazione dell’allora procuratore Bobby Kennedy, fratello del presidente ucciso a Dallas.

Cosa abbia fatto King, cosa si sia detto col Pontefice, quali accordi abbia preso con "le sinistre italiane" lo racconta un mese dopo, il 20 ottobre, un dispaccio spedito a Washington dalla stazione Cia di Roma a firma Randolph A. Medford. Il materiale non è di agenti americani, ma di italiani.

"Quella che segue è la traduzione di un rapporto sugli incontri di King a Roma datato 28 settembre 1964 e attribuito a Deplenary7, da Luigi Pintor, da informazioni provenienti dagli uffici editoriali de L’Unità", scrive Medford. La Cia insomma chiarisce che le notizie vengono da fonte coperta che ha ottenuto, evidentemente godendone la fiducia, notizie proprio da Pintor, autorevolissimo esponente comunista, firma del quotidiano del Pci, che solo anni dopo fonderà il Manifesto, e, in opposizione alla linea ufficiale, lascerà il partito. Le informazioni a Washington, quindi, arrivano dritte dall’ambiente comunista. È un rapportino in un italiano burocratico, allegato al dispaccio, a chiarire che King ha incontrato il 18 settembre "il senatore Velio Spano e l’onorevole Ugo Bartesaghi del Pci", ma anche "il deputato Lucio Luzzatto del Psiup e il senatore Paolo Vittorelli del Psi".

L’allarme è però per i progetti futuri. "Il pastore King ha discusso il programma di manifestazioni contro il segregazionismo da tenere in Italia". E ci si mette anche Paolo VI, che "dovrebbe fare una dichiarazione pubblica sulla segregazione razziale". Il tutto, poi, viene spedito a Odenvy. In gergo Cia, l’ufficio locale dell’Fbi. Fonti comuniste, si diceva. Legate all’Unità. E che nel quotidiano del Pci gli americani abbiano più di un aggancio lo dimostrano (ancora) i file desecretati. Al giornale si rivolge ad esempio la Cia nel 1954 per capire se avrebbero pubblicato una (presunta) foto giovanile dell’ambasciatrice Claire Boothe Luce, nel 1926 apprezzata artista di teatro, in provocante posa coperta da un ampio ventaglio. L’immagine era di un’omonima: un fake, si direbbe oggi. Ma meglio evitare grane. Direttamente al Pci, invece, si rivolge l’intelligence Usa anni dopo per avere contatti coi comunisti in Salvador. Anche fra avversari spesso si collabora.