Sabato 20 Aprile 2024

"Marta bravissima, io una ribelle Ecco la sorella che mi hanno tolto"

Tiziana Russo ricorda il rapporto conflittuale e lo strazio della perdita. "Non perdonerò mai Scattone e Ferraro"

di Alessandro

Belardetti

Ore 11.30 del 9 maggio 1997, campus della Sapienza di Roma: la vita della 22enne Marta Russo si ferma. E quella della sorella Tiziana, all’epoca 24 anni, viene devastata da un terremoto difficile da comprendere. Dopo vent’anni Tiziana ha trovato la forza e il coraggio di parlare della vicenda grazie al libro ‘Marta Russo, mia sorella’ (Log, Edizioni Guerini). Ora, che gli anni continuano a correre, entra ancora più a fondo del suo rapporto con la studentessa assassinata senza un perché.

Che emozione ha provato nel trovare i diari segreti di sua sorella?

"Ero andata dai miei genitori, spesso mi capitava di frugare nell’armadio. Quel giorno dentro uno zaino ho visto tantissimi quaderni e ho pensato: sono appunti. Poi ho notato la sua scrittura, ho letto anche il titolo ‘I diari segreti di Marta Russo’ e mi è parsa una scena da film. Rileggerli è stato emozionante e difficile: c’era uno spaccato della nostra vita e spesso faticavo ad andare avanti. Marta in quel modo mi ha riportato molti dettagli e la conferma che eravamo diverse: lei frequentava il suo mondo, io il mio".

Marta era intelligente, dotata per lo studio, decisa, abile nello scherma. In cosa eravate diverse?

"Lei era pacata e timida, io ribelle. Da parte mia, nei suoi confronti, c’era un po’ di gelosia perché lei aveva un legame molto forte con mia madre. Sentivo che la spalleggiava sempre e a me non andava bene, perché Marta riusciva a ottenere molto di più. Ma sono dinamiche molto frequenti nelle famiglie".

Chi è oggi Tiziana Russo?

"Non è più solo ‘la sorella di Marta’, ma è Tiziana Russo. Sono riuscita a conquistare la mia vita, anche grazie al libro, dove si parla di Marta ma emergo anche io. Il testo mi ha dato la possibilità di mettermi al fianco di Marta come sorella. Questa vicenda è stata un macigno per me".

È anche scappata da Roma.

"Dopo la laurea in Archeologia, mi sono rifugiata a Torino. All’epoca collaboravo con la Sovrintendenza e facevo su e giù. Non riuscivo a restare a Roma: c’era troppa pressione".

Ora va meglio?

"Sì. Lavoro in Atac e ho una figlia di 9 anni e mezzo, alla quale mi dedico completamente con mio marito. Ho anche iniziato a cantare, poi disegno".

Un rimpianto?

"Avrei voluto vivere a Londra. Ma sono rimasta qui vicino ai miei. Se ci fosse stata ancora Marta, sarei partita".

Come ha spiegato la fine di sua sorella a sua figlia?

"Sa che Marta è morta, ma non le ho raccontato in che modo. Le ho detto che ha avuto un incidente e che quando sarà il tempo, le spiegherò tutto".

Nel libro fa un accenno a proposito della gelosia adolescenziale: Marta era più bella di lei.

"All’inizio sì, poi però mi sentivo più bella io. Lei aveva lasciato la scherma ed era un po’ ingrassata. Mentre io facevo ginnastica ed ero esile. In quel periodo ero un po’ egocentrica".

Dopo 20 anni è riuscita a sfondare il muro del silenzio su Marta.

"Ero bloccata, avevo attacchi di panico e ansia. I miei genitori seguivano il processo, io mi sono voluta allontanare. Poi ho deciso di affrontare tutto e con il libro mi sono ritrovata".

Nessun dubbio sulla verità giudiziaria?

"No, ci sono stati 5 gradi di giudizio".

Però il movente nelle sentenze su Scattone e Ferraro è piuttosto confuso.

"Perché i ragazzi vanno a gettare i sassi dal cavalcavia? Non c’è un movente. È la stessa cosa. In più, in questo caso c’era una pressione mediatica esagerata sugli inquirenti".

Perdonerà mai gli assassini?

"Assolutamente no. Loro non hanno fatto mai una mossa verso di noi, sono stati arroganti come hanno detto inquirenti e giudici. E hanno il privilegio di invecchiare, mentre Marta non ce l’ha".

Se le chiedessero un incontro?

"Meglio di no".

Come vive ogni 9 maggio?

"Dalla notte prima mi sveglio agitata: è un eterno ritorno e come ogni ricorrezna marca l’assenza".

La stanza di Marta è rimasta com’era 25 anni fa?

"Vedere tutti gli oggetti e la disposizione così non ci faceva bene. Mia madre l’ha trasformata nella stanza dell’associazione ‘Marta Russo onlus’".

All’epoca come le comunicarono la tragedia?

"Sono tornata a casa e non ho trovato nessuno. Poi la Digos ha suonato e mi ha detto che Marta aveva avuto un incidente. Mi hanno portata in questura, sentendomi assieme al suo fidanzato perché pensavano che Marta fosse coinvolta in qualche organizzazione politica. Tutto irreale. Poi abbiamo esaudito il suo desiderio di donare gli organi".

I riceventi hanno mai cercato di mettersi in contatto con voi?

"Sì, li abbiamo incontrati. Domenica Virzì, che ha il cuore di Marta, si è molto affezionata a noi, ma io ho cercato di tenere la giusta distanza. Per proteggermi".

Porta con sé qualche oggetto di sua sorella?

"In ogni viaggio che faccio tengo il suo beauty case".

Cosa ricorda della sera prima dello sparo?

"Guardavo ogni settimana Poltergeist in tv, che a Marta non piaceva, ma quella sera ho deciso di stare con lei mentre si asciugava i capelli e abbiamo parlato come non mai. Ci siamo anche scambiate i vestiti: fatto unico, perché io ero molto gelosa dei miei abiti. Ricordo ogni dettaglio di quell’8 maggio 1997: la tromba d’aria, Marta che studiava e ripeteva la lezione alla mamma, io che cucinavo".