Marmolada, gli esperti spiegano perché non c'erano segnali "imminenti" del crollo

Il ghiacciaio potrebbe scomparire prima del 2040, improbabile che possa conservarsi fino al 2060

Belluno, 7 luglio 2022 - Studiano da vent'anni il ghiacciaio e ribadiscono che, prima del crollo sulla Marmolada di domenica, "non si sono osservati segnali evidenti di un collasso imminente". I ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada sono coordinati da Aldino Bondesan, dell'Università di Padova, responsabile del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi) per il coordinamento della campagna glaciologica annuale nelle Alpi orientali. Nel team di lavoro ci sono anche Roberto Francese, geofisico dell'Università di Parma e membro del Comitato Glaciologico Italiano, e Massimo Giorgi e Stefano Picotti, geofisici dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs). I ricercatori spiegano che "salvo rarissimi casi,  a differenza delle frane, non vi sono sistemi di allerta che misurano movimenti e deformazioni in tempo reale".

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I crepacci, le cui foto del pre-crollo sono circolate un po' ovunque e che hanno avuto un ruolo fondamentale nel distacco, "erano visibili già da diversi anni e di per sé fanno parte della normale dinamica glaciale". Il distacco di seracchi è un fenomeno "frequente" nei ghiacciai, sottolinea il gruppo di studio, e "fa parte della normale dinamica glaciale", ma "più raro è il caso di collassi in blocco come quello verificatosi in Marmolada".

Per gli studiosi "il ritiro e il riscaldamento determinano un aumento della frequenza degli eventi, e in generale un aumento della pericolosità delle fronti glaciali". Il problema è forse che "l'osservazione annuale di molti ghiacciai è stata recentemente abbandonata proprio per l'incremento delle condizioni di rischio alle fronti glaciali". Tuttavia, "non tutti i ghiacciai presentano le medesime condizioni di pericolo, che variano in funzione della temperatura ma anche della morfologia, delle pendenze, delle dimensioni e di altri parametri". E concludono: "Ogni ghiacciaio va studiato singolarmente individuando i rischi specifici che si sommano a quelli già insiti nella frequentazione dell'ambiente alpino".

Lo studio

Il team di ricercatori ritiene che, se saranno confermati gli attuali trend anche nei prossimi anni, è molto probabile che il ghiacciaio della Marmolada scomparirà prima del 2040. Se dovesse rallentare il processo di riduzione della massa glaciale in ogni caso è improbabile che possa conservarsi oltre il 2060. Solo pochi anni fa i modelli prevedevano una vita del ghiacciaio per altri 100 o 200 anni.

Nel corso dell'ultimo secolo il ghiacciaio si è ridotto di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume e, ad oggi, è grande circa un decimo rispetto a cento anni fa. Il ritiro ha mostrato una progressiva accelerazione, tanto che negli ultimi 40 anni il solo fronte centrale è arretrato di più di 600 metri risalendo in quota di circa 250 metri. La velocità di ritiro media è andata via via aumentando ed è stata di: 0,5 m/anno dal 1902 al 1906; di 5 m/anno tra il 1925 e il 1938; di 8,4 m/anno tra il 1951 e il 1966 e di 10,3 m/anno dal 1971 al 2015. Tra le principali cause vi è certamente l'aumento della temperatura e in particolare, nella zona della Marmolada, della minima invernale che nel corso di 35 anni di osservazioni è aumentata di circa 1,5 gradi.