Margherita Cassano: "Le magistrate sono tante ma poche ai vertici. Parità ancora lontana"

La prima presidente della Cassazione: ancora troppe differenze. "Gli incarichi direttivi per le giudici in larga parte nel settore minorile. I servizi sociali sono fondamentali per conciliare famiglia e lavoro"

Margherita Cassano, classe 1955, primo presidente della Cassazione

Margherita Cassano, classe 1955, primo presidente della Cassazione

Firenze, 8 marzo 2023 - Margherita Cassano, tra le sue prime parole dette dopo la sua nomina ci sono state queste: "Mi auguro che un domani tutto questo non faccia più notizia, perché quando non farà più notizia si sarà raggiunta la vera parità". Ma oggi, una donna come Primo Presidente della Cassazione, è ancora una notizia.

"È ancora notizia perché si devono calcolare gli eventi che hanno consentito l’accesso alle donne in magistratura. Dobbiamo ricordare che nel 1959, la dottoressa Rosanna Oliva che aspirava a un concorso come prefetto, tramite il suo avvocato, impugnò il provvedimento e nell’ambito di quel giudizio venne sollevata la questione di legittimità costituzionale che portò la Corte a dichiarare, nel 1960, incostituzionale la legge che precludeva l’accesso delle donne agli uffici pubblici".

E poi?

"A distanza di altri tre anni, solo nel 1963, a quindici dall’entrata in vigore della Costituzione, è stato consentito l’accesso delle donne alla magistratura. Il primo concorso cui in concreto hanno potuto prendere parte le donne si è tenuto nel 1965. In quell’occasione furono otto le donne che superarono il concorso. Perciò tutto questo ha determinato sicuramente un ritardo storico".

Un ritardo che si è recuperato?

"Oggi è acquisita la consapevolezza che una democrazia vive e si alimenta dell’apporto paritario nei vari ambiti lavorativi di uomini e donne, ciascuno dei quali è portatore di una sua specificità, di una sua visione culturale che si integra con quella dell’altro sesso".

In magistratura le donne hanno superato gli uomini, numericamente.

"Ma se si va a vedere gli incarichi direttivi nel settore giudicante solo il 31% sono donne, e questi incarichi in larga parte sono nel settore della giustizia minorile. E soltanto il 26% guidano gli uffici requirenti, e anche in questo caso soprattutto nel settore minorile".

È il ruolo di madre che può influire nella carriera di una donna?

"Sicuramente la presenza di servizi sociali che aiutino la donna è fondamentale per le giovani colleghe per conciliare l’impegno lavorativo e la doverosa cura della famiglia. Non dobbiamo poi concentrare l’analisi solo sulle donne magistrato perché, restando nell’ambito della giustizia, se guardiamo ad esempio alle donne avvocato, hanno la difficoltà di far coesistere affetti e un lavoro come libere professioniste".

E nel settore privato?

"Dobbiamo essere consapevoli che nell’ambito privato sono molto accentuate le sperequazioni tra donne e uomini a fini retributivi. E non possiamo poi dimenticare con uno sguardo a livello internazionale che esistono situazioni ancora più tragiche: alle donne sono negati diritti fondamentali, come il diritto all’istruzione, al lavoro, al rispetto della propria integrità fisica e all’identità di donna in quanto tale".

Nel 2022 sono stati 120 gli omicidi di donne in Italia.

"Temi così drammatici come gli omicidi in danno di donne o dei femminicidi, che sono categorie concettuali distinte, non possono essere risolti esclusivamente dalla magistratura o dall’azione repressiva delle forze dell’ordine. Ma richiedono innanzitutto un impegno culturale che parte dall’educazione nella famiglia o da quella impartita nelle scuole".

La legge assicura la parità dei diritti?

"La nostra legislazione ormai è avanzata e prevede una parificazione uomo-donna, è la Costituzione che lo impone. Però non bastano le norme astratte, le norme per vivere nella quotidianità hanno bisogno di ricevere effettività e applicazione concreta nei singoli casi".

La strada da percorrere?

"La convinzione culturale che le donne al pari degli uomini sono parte integrante della società e la consapevolezza che le istituzioni si alimentano della diversità culturale".