Mappa dissesto: le alluvioni minacciano 12 milioni di italiani. Roma capitale del pericolo

D’Angelis, ex capo di ’Italia Sicura’: 300mila laziali vivono in aree a rischio "Mettere subito in sicurezza il Paese, servono 12mila opere per 30 miliardi"

La devastazione a Pianello d’Ostra, Ancona.

La devastazione a Pianello d’Ostra, Ancona.

Roma - Sostiene Erasmo D’Angelis, segretario generale dell’autorità di bacino del Tevere e per tre anni capo della struttura di missione ’Italia sicura’, che il nostro Paese gioca d’azzardo con il suo territorio. Nonostante sia la porzione di pianeta geologicamente più recente rispetto al resto, eccetto qualche isola del Pacifico. Un Paese fatto di argilla e sabbia dove "negli ultimi 70 anni – è l’elenco di D’Angelis – 4.419 località di 2.458 Comuni sono state colpite da circa 17mila frane e da oltre 5mila alluvioni. Con un bilancio di oltre 6mila morti, più di un milione di sfollati e 4 miliardi di euro in media all’anno per risarcimenti e ricostruzioni".

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Gli italiani si cullano nell’illusione di vivere in una pianura tranquilla, in realtà i due terzi di loro abitano in paesi su colline e montagne perennemente a rischio frane. Sono state censite dalla struttura di missione 628.210 frane, di cui 2.420 più pericolose, monitorate 24 ore su 24. In tutto il continente europeo sono 750mila le frane censite. In più ci sono 7.526 corsi d’acqua, quasi tutti a carattere torrentizio. Bastano questi numeri per capire quanto siamo instabili. Il piano di ’Italia Sicura’ prevedeva circa 12mila opere da realizzare contro il dissesto idrogeologico, per 30 miliardi di euro e 10-15 anni di lavori. "Un miliardo e mezzo di lavori – rivela l’ex capo della struttura – sono già partiti, tra i quali gli otto progetti per scongiurare le alluvioni a Genova. I cantieri sul Bisagno e sul Fereggiano saranno completati tra un anno, sono costati mezzo miliardo di euro e hanno rispettato i tempi, indipendentemente dal fatto che ci fossero governi e giunte regionali di centrodestra o centrosinistra. È il più grande investimento europeo contro le alluvioni. Stessa cosa per i 120 milioni di euro investiti in Toscana per scolmatori e casse di espansione lungo l’Arno per mettere in sicurezza Firenze. A riprova che se si vuole lavorare c’è chi riesce a farlo".

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Nelle Marche è successo l’opposto esatto: una cassa di espansione per far sfogare il Misa ed evitare le continue esondazioni, spesso disastrose, pensata 40 anni fa e mai realizzata. "Parliamo di un’opera progettata – ricorda D’Angelis – dal quarto Governo Fanfani nel 1982. Finanziata con 4 miliardi di lire con il Fondo ’Investimenti Occupazione’. Non fu mai realizzata. Nel 2014 Italia Sicura parlò con la Regione di un progetto complessivo per mettere in sicurezza il Misa, era una delle prime alluvioni che dovevamo fronteggiare. Da una cassa di espansione si passava a 7, costo 45 milioni e 120mila euro più 500mila euro per le arginature. Con il ministro Del Rio avevamo ritagliato 8 miliardi e 400 milioni per le opere più urgenti. I 46 milioni del Misa c’erano ma i lavori non sono mai iniziati". Erasmo D’Angelis non si sofferma sui ritardi e sulle cause dei mancati lavori. Anche perché nel 2018 Italia Sicura fu chiusa e mancò il pressing su presidenti di Regione e ministeri. Era un’idea creata con le sollecitazioni di Renzo Piano che voleva rammendare l’Italia e doveva essere estranea ai ribaltoni governativi. D’Angelis aggiunge il fattore umano per ampliare la sfera delle responsabilità del dissesto. "Fino al 1950 il costruito occupava il 2,3% del territorio italiano. In 70 anni siamo passati all’8,5% di territorio, con moltissime costruzioni condonate. Ci sono 300mila romani che vivono in aree a rischio alluvione. E ci sono 12 milioni di italiani con le case sulle quali pende la spada di Damocle di una esondazione o di una frana".

Per il sovrintendente del bacino del Tevere è proprio Roma la città più esposta a pericoli idrogeologici. "L’ultima alluvione di Roma risale al dicembre 1938, parte del centro storico fu allagata e tutta la campagna finì sott’acqua. Oggi quelle aree sono tutte urbanizzate, ci vivono 300mila romani. Come tempi storici e susseguirsi di eventi meteorologici disastrosi siamo vicini all’ora X. Abbiamo avviato progetti di sette casse di espansione sul Paglia e sul Nera, abbiamo finanziamenti per 2 milioni e mezzo di euro". Sostiene Erasmo D’Angelis che non abbiamo più alibi per non realizzare le opere urgenti anti dissesto: i soldi ci sono a partire da quegli 8 miliardi stanziati, i tempi sono maturi visto il susseguirsi di bombe d’acqua, trombe d’aria e altri disastri climatici. L’unico alibi che resiste è la sordità della politica.