Martedì 10 Giugno 2025
VALENTINA BERTUCCIO D’ANGELO
Cronaca

Partorirai con dolore e anche dopo non andrà meglio. Mamme imperfette in crisi di identità

Le mamme millennial sono al centro di aspettative, da parte della società, che chiedono tutto e il contrario di tutto. Il risultato? Un senso di colpa perenne, la sensazione di non fare ed essere mai abbastanza. Una speranza, però, arriva dal concetto di mamma “sufficientemente buona”

Mamma e figlia

Mamma e figlia

Se c’è una categoria di persone per cui vale il motto “come fai sbagli”, sono le mamme. Fateci caso: nel momento esatto in cui si palesa quella lineetta del test che significa mai più sola (e i primi anni questo è vero nel senso letterale del termine, mai sola nemmeno mentre vorresti farti una doccia) inizia una profonda trasformazione intima, spesso etero influenzata, che crea ansia e sensi di colpa anche in quelle che, beate loro, prima non ne soffrivano. 

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Dopo il parto, arriva il peggio. Ogni mossa, ogni scelta della mamma verrà valutata e prontamente criticata, sempre in nome del presunto benessere del bambino. Qualunque scelta sia: se torna al lavoro, se non ci torna, quando torna; se allatta a lungo, se non allatta; se opta per l’asilo nido o per la tata; se chiede aiuto ai nonni o se non li coinvolge, se rimprovera, se non rimprovera, come rimprovera; se sclera, se non sclera, se si prende del tempo per sé o se non lo fa. Qualunque cosa una mamma faccia, state pur certi, ci sarà qualcuno che dirà che sta sbagliando, che ai suoi tempi...

Nella Genesi Dio pronuncia una maledizione sulla donna dopo che Adamo ed Eva hanno disobbedito: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli”. Quello che Eva non sapeva è che anche dopo non sarebbe stata una passeggiata. Perché diventare mamma è un evento che cambia tutto, travolge ogni cosa, nel bene e nel male. Trasforma la donna e non sempre, anzi quasi mai, la trasformazione è indolore. Se poi al normale sconvolgimento fisico, emotivo, psicologico, si aggiunge il peso del giudizio della società – tutta la società, dalla nonna alla vicina di casa, dai colleghi, ai medici –, ecco che abbiamo mamme costantemente in crisi, in balìa di aspettative impossibili da rispettare perché comprendono tutto e il contrario di tutto

I consigli degli altri

Anche prima prima dei social, non mancavano certo i giudizi espressi da donne e uomini che ritenevano di avere voce in capitolo sul da farsi di una neo mamma. Alzi la mano chi non si è sentita chiedere per strada, in fila al supermercato, in metropolitana, “ma allatti? e perché no?”. Si faccia avanti chi non si è sentita accusare di egoismo, da uomini e donne anche di famiglia, in caso di uscite o viaggi senza prole. Ma i social hanno moltiplicato per un milione gli input che arrivano alle mamme. Chiunque, dai più esperti in giù, hanno ricette, consigli, ammonimenti da dare alle mamme. Molto ma molto meno ai papà, perché i figli, è noto, sono delle donne. 

Gli argomenti sui cui si discetta sono innumerevoli: dal tipo di educazione allo “screen time” (il tempo passato dai piccoli davanti allo schermo); dal modo di svezzare i neonati all’approccio da adottare in caso di uscite in pubblico; dal modo in cui esprimere l’amore per i figli alla scelta delle attività sportive, fino alla gestione del sonno. Per ogni aspetto della maternità, c’è un consiglio, un’autorità che dispensa ricette. Siamo tempestati da esperti che ci spiegano anche come dobbiamo respirare, “professori in tutto". L’ansia di voler o dover retta a chiunque getta le mamme, anche le più “solide”, nello sconforto, convinte di non essere abbastanza, di non fare abbastanza.

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O di fare troppo. Non dobbiamo dire alle bimbe che sono belle, non dobbiamo dire troppe volte “bravo”, non possiamo perdere la pazienza anche se vorremmo solo urlare, vietatissimo dire troppi “no”, obbligatorio accogliere le emozioni del piccolo che sta esprimendo il suo disagio a urla e calci. Attenzione, sono tutte indicazioni giuste nella teoria, ed è giusto che i genitori, che certo non nascono già esperti, si informino per essere madri e padri migliori. Se non fosse che spesso i toni di chi consiglia sono assoluti, senza spazio per le sfumature e l’errore, e che la teoria si scontra con la realtà fatta di genitori che sono persone, fallibili, come tutte.

Il dramma della mamme millennial

Ovviamente nessuno rimpiange i tempi in cui si educava a suon di botte, di urla, di punizioni e castighi. I tempi in cui mamma si occupava di casa, papà lavorava, in uno schema semplice e in fondo rassicurante, ma superato. Ciononostante, le mamme continuano a fare fatica, specie le mamme millennial, loro sì cresciute a biberon, sculaccioni e silenzi punitivi. E chiamate ora, invece, ad applicare un tipo di educazione gentile e rispettosa verso i propri figli assolutamente auspicabile ma per le quali non sono, per la maggior parte, preparate, perché non l’hanno vissuta nella propria esperienza di figlie.

Sappiamo tutte, ormai, che le pantofole tirate dalla mamma, diventate dei meme, sono l’approccio più sbagliato all’educazione di un bambino, così come le minacce e le punizioni. Ma lo stiamo imparando strada facendo, leggendo molti libri, ascoltando molti esperti, soffocando molte reazioni istintive, apprese da piccole. Insomma, mettendocela tutta ma soffrendo perché non è mai abbastanza. 

Sui social, il divario tra l’educazione anni Novanta ricevuta dalle mamme di oggi e quella che si richiede a un buon genitore moderno è uno dei temi più amati da chi fa ironia sulla maternità, sdoganando che le mamme possono anche essere “mamme di merda”. 

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C’è poi il tema del tempo per sé. Le mamme di oggi lo pretendono e se lo prendono, ma con quanti sensi di colpa? Loro si sono evolute, ma la società non è stata al passo. Né, troppo spesso, lo sono stati i papà. Quante volte capita che una donna rinunci a un’uscita serale, a un weekend con le amiche, a una trasferta di lavoro, perché “mio marito non se la sente di tenere i bambini”, come se non fossero anche figli suoi ma minorenni paracadutati lì dal cielo? E così, le mamme millennial combattono tra la voglia di essere anche, di nuovo, donne e non solo mamme e la società che le vorrebbe, più tranquillamente, relegate lì in quel ruolo e basta, perché “i bambini hanno bisogno della mamma”. 

La madre “sufficientemente buona”

Per non sprofondare nella disperazione o, al contrario, nel menefreghismo che potrebbe nuocere ai figli, ci viene in aiuto Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista britannico morto nel 1971, grande studioso del rapporto mamma-bambino, introdusse il concetto di “madre sufficientemente buona” per descrivere una madre che, pur non essendo perfetta, è in grado di rispondere in modo adeguato e tempestivo ai bisogni del bambino. Winnicott ci ricorda che la perfezione non è necessaria per un sano sviluppo del bambino. Ciò che conta è la capacità di rispondere in modo autentico e amorevole alle esigenze del bambino, offrendo un ambiente sicuro e affettuoso. Un concetto liberatorio, che molte mamme dovrebbero fare proprio per “assolversi” nei casi in cui sentono di aver mancato.