Martedì 23 Aprile 2024

Mamme e mogli Tutte possono essere reginette

Cesare

De Carlo

Viva la mujer! ha detto Andrea Meza, la splendida messicana che due anni fa in Florida si aggiudicò il titolo di Miss Universo. Giusto. Era stata lei a sollevare la questione. All’incoronazione aveva avanzato una rivendicazione rivoluzionaria. Basta con restrizioni anacronistiche. Il concorso andava aperto anche alle donne sposate e persino con figli. Unico limite l’età, 28 anni. E così dal 2023, dopo 71 anni, sposate o no, mamme o no, le selezionate parteciperanno alla finale e se vittoriose trascorreranno un anno a New York, frequenteranno i corsi di recitazione, per indossatrici, si faranno ambasciatrici dei diritti delle minoranze, della difesa dell’ambiente, della pubblica salute, sponsor di prodotti cosmetici, di abbigliamento, eccetera.

Sino al 2015 Miss Universo poteva trascorrere un anno in un lussuoso appartamento della Trump Tower a New York. Sì, avete letto bene. L’ex presidente aveva le mani anche nei concorsi di bellezza. Era lui il grande patron. Poi nel 2015 vendette l’organizzazione a Endeavor. Sacrificio inevitabile. Stava per candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti ed era opportuno separarsi da frivolezze esposte alle critiche (oltre che alle invidie). Ha commentato Andrea Meza: "Partecipare a Miss Universo è come fare un’intervista per un qualsiasi posto di lavoro. Nessuno ti impone più di essere nubile e senza figli". D’accordo, ma a una condizione: che rimanga il requisito essenziale, la bellezza. È a rischio anche questo in nome della lotta al sessismo? È l’ultima frontiera. La penultima riguarda i transgender ed è stata già superata. La political correctness della sinistra americana ha raggiunto Miss Universo. E dunque basta con distinzioni che sanno di discriminazione. In Nevada è stata eletta una certa Kataluna Enriquez, che era un uomo sino a una decina di anni fa.

I giornali ricordano i padri fondatori. Erano i proprietari della Pacific Knitting Mills, California, costumi da bagno. Era il 1952. Si rivolteranno nella tomba. Non avrebbero potuto immaginare che nel terzo millennio sarebbero stati stravolti i criteri di una competizione destinata a celebrare la donna nella sua gioventù e nella sua bellezza.

Per ora l’Italia si salva. Non un caso. Per gli antichi romani la bellezza femminile era sinonimo di sacralità. Custodi le Vestali, incaricate di garantire i buoni rapporti dell’umanità con gli Dei. E gli Dei le volevano caste e belle. ([email protected])