La Germania devastata dall’acqua. Animali marini cotti in acqua nel Canada avvolto da una cappa di caldo mediorientale. La sabbia del deserto sulle nostre città. E martedì, a Torino, un nubifragio come non si vedeva dall’Antico Testamento. Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana e divulgatore scientifico, è nemico della retorica apocalittica. La mette così: "La casa brucia, tu ti sgoli per dare l’allarme e la famigliola in tinello che guarda gli Europei ti dice di stare zitto che disturbi".
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È da parecchio tempo che lei si sgola. E la febbre sale. La malattia peggiora. Cinquanta gradi a Vancouver le hanno fatto impressione? "Me li aspettavo. Però fra vent’anni, non adesso. Penso al Canada ma anche alla Norvegia con i 34 gradi a Capo Nord, ai 44 della Sicilia in una sequenza non banale. E guardando all’altro ieri: la grave siccità del 2017, la tempesta che a fine 2018 ha tirato giù tutti gli alberi in Alto Adige, l’alluvione dello scorso 3 ottobre in Piemonte dove ci sono ancora paesi isolati. La malattia per fortuna non è ancora in fase terminale. Ma a questo punto non si può più guarire. E non esiste un vaccino. Gli eventi estremi sono diventati la norma. Ne contavamo uno all’anno. Nelle ultime due settimane non siamo riusciti a stare dietro alla cronaca. Paghiamo 40 anni di mancata prevenzione".
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L’ex presidente del Venezuela Hugo Chavez diceva che se il clima fosse una banca i Paesi ricchi l’avrebbero già salvato. Davvero è solo una questione di soldi? "In parte sì. Gli Stati Uniti sborsano 753 miliardi di dollari all’anno in spese militari: pensi a quanti pannelli solari si tirerebbero fuori. La transizione ecologica sembra insostenibile solo a chi non la vede come priorità. E si tratta della più grande sfida che l’umanità ha davanti a sé, altro che pandemia".
Se fuori ci sono 40 gradi e accendo l’aria condizionata devo sentirmi in colpa? "La accendo anche io, è sopravvivenza. Prima del 2003 la Pianura Padana non aveva mai raggiunto queste temperature. Con un grado di surriscaldamento è come se la Terra avesse 38 di febbre. A breve arriverà a 39. Se si raggiungessero i 5 gradi di surriscaldamento la situazione diventerebbe irrecuperabile. Andiamo incontro a un clima mai sperimentato prima dall’uomo, con le stesse condizioni vissute dal pianeta 3 milioni di anni fa. Il livello dei mari è destinato ad alzarsi di 25 metri".
Addio Venezia. "Ogni nazione avrà il suo conto da pagare e alcune spariranno come cinque atolli corallini che sono stati sovrani. Quando si fanno le grandi conferenza sul clima i leader di quei Paesi per provocazione convocano le riunioni sott’acqua con le bombole".
Guarire non si può. Ma a parte mettere un freno alla combustione fossile e spingere sulle energie rinnovabili, cosa facciamo? "Mettiamo in atto misure grandiose e senza precedenti, la tecnologia da sola non basta. Seguiamo l’ammonimento di papa Francesco alla sobrietà. Rinunciamo al superfluo. Io cambio i miei abiti quando cadono a pezzi, non appena vanno fuori moda. Vale per il telefonino, l’auto, il televisore. La Francia ha introdotto una legge che premia i prodotti, anche elettronici, riciclabili. Bisogna abbandonare una parola che da Draghi in giù invochiamo tutti i giorni e a me dà la nausea: crescita. Insomma rivoltiamo l’economia e impariamo ad accontentarci".
Se non è l’apocalisse ci assomiglia. Eppure le sembra che la gente, passato il temporale, si preoccupi? "Ghosh parlava di grande cecità. Io rilancio con Levi e la chiamo cecità volontaria. La sfida al cambiamento climatico purtroppo è fuori dal radar delle persone. Ci vorrebbe la tensione emotiva creata da Churchill il 13 maggio 1940: non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Poi tutti si sono impegnati contro il nazismo. Portava anche lui il papillon".