Mercoledì 24 Aprile 2024

Malala e le curde L’onda rosa riscrive la storia

Marta

Ottaviani

Scendono in piazza per rivendicare i propri diritti, combattono con le armi della cultura e, se serve, anche imbracciando il fucile, per difendere la propria libertà. In un mondo islamico ancora troppo spesso vittima di pregiudizi, sono le donne che portano avanti le forze del cambiamento, diventando motivo di ispirazione anche per quelle che provengono da culture diverse dalle loro. Da quasi tre mesi, sui media di tutto il mondo, milioni di studentesse e lavoratrici stanno seguendo con apprensione e ammirazione le proteste delle giovani e meno giovani che stanno scendendo in piazza in Iran e che questa volta stanno portando in corteo anche tanti uomini. Nel 2014, Malala Yousafzai, studentessa pachistana, vinse il Premio Nobel per la Pace grazie al suo impegno all’istruzione per le donne della città di Mingora, bandito dai talebani. Due anni prima era stata ferita gravemente alla testa solo perché voleva andare a scuola. Nel 2013 ha commosso il mondo con il suo discorso alle Nazioni Unite, in cui disse: "Nessuna lotta può concludersi vittoriosamente se le donne non vi partecipano a fianco degli uomini. Al mondo ci sono due poteri: quello della spada e quello della penna. Ma in realtà ce n’è un terzo, più forte di entrambi, ed è quello delle donne". Infine, ci sono le donne curde del nord della Siria, che nel 2014 non hanno esitato a imbracciare le armi, quando si è trattato di frenare l’avanzata dello Stato Islamico, combattendo anche per tutte quelle che erano state ridotte in schiavitù da Daesh o costrette a prostituirsi. Adesso portano avanti la stessa lotta contro la Turchia di Racep Tayyip Erdogan. Combattono con tutti i mezzi che hanno, per rivendicare o difendere diritti che per noi sono acquisiti. Per questo motivo dobbiamo seguire le loro battaglie, non solo quando sono al centro delle cronache internazionali.